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Sono trascorsi tre anni dal crollo del Ponte Morandi e uno dall’inaugurazione del viadotto ricostruito sul Polcevera e Quattroruote ha deciso di tornare a Genova per una visita particolare alla nuova infrastruttura. Oggi, infatti, un’opera del genere è molto più di una semplice, sia pur colossale, gettata di calcestruzzo: è una sorta di "macchina" con una vita autonoma, che dev’essere però gestita e monitorata istante per istante. Siamo così andati alla scoperta dei segreti di questo gigante, realizzato in soli 15 mesi da WeBuild, insieme con Fincantieri, Italferr e Rina.
La visita inizia nel cuore del Ponte San Giorgio, con una "passeggiata" lungo un camminamento posto all’interno dell’impalcato che, secondo l’idea di Renzo Piano, ha una forma evocativa della carena di un’imbarcazione. Solo così si possono vedere le telecamere interne, le antenne del sistema di wifi e, soprattutto, i grossi tubi consacrati all’impianto di deumidificazione: dentro la struttura, infatti, il livello di umidità dev’essere mantenuto al 40% immettendo aria calda, per evitare fenomeni di degrado dei materiali. Invisibili, invece, sono i 250 sensori che tengono sotto controllo l’intero viadotto e che sono collocati all’interno del cassone, alla base delle pile e ai punti di attacco del ponte [...].
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