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Protagonista degli speciali naturalistici di Girovagando in Trentino sarà questa settimana il capriolo.
Il capriolo è il più piccolo ungulato selvatico dell'arco alpino, a differenza di altre specie come il cervo, lo stambecco ed il cinghiale non si è mai estinto sulle Alpi a seguito della caccia impattante dei secoli scorsi. Dal secondo dopoguerra la specie ha vissuto un forte e deciso incremento culminato con gli apici numerici di anni '80 e '90, da allora la dinamica del capriolo ha subito una flessione frutto della diminuzione dell'habitat idoneo alla specie, causa l'avanzamento del bosco su tutto il territorio provinciale, e in conseguenza del forte aumento di altri ungulati alpini come il cervo ed il camoscio, che nelle zone di sovrapposizione spaziale, innescano il processo delle competizioni alimentari che vede il capriolo, causa la proprio biologia alimentare, sopperire rispetto a tutte le altre specie di ungulati.
Attualmente in provincia di Trento vengono stimati in periodo primaverile oltre 25 mila capi, che fanno del capriolo l'ungulato selvatico trentino più numeroso.
L'ACT del Trentino si occupa della gestione del capriolo dal 2007, i metodi di censimento tuttora in essere sono, durante il periodo primaverile, il conteggio notturno dei capi durante il monitoraggio dei cervi e il rilievo sul primo verde nelle aree campione storiche, soprattutto sulle malghe di alta quota in contemporanea alla fioritura dei crochi.
La specie si caratterizza per l'elusività nei suoi comportamenti etologici, è possibili però rinvenire tracce della presenza su campo come le impronte, le fatte, i fregoni e le raspate che sono realizzate del maschio per la marcatura del territorio durante il periodo tardo primaverile-estivo, le cucce di riposo durante le ore diurne e per la ruminazione, l'anello delle streghe o giostra che si evidenzia nei prati durante il periodo riproduttivo fra metà luglio e metà agosto.
Con l’esperto faunistico Michele Rocca andiamo alla scoperta di questo magnifico animale svelando le sue abitudini, gli stili alimentari ma anche le problematiche legate all’abbandono da parte dell’uomo dei territori e degli spazi aperti in alta montagna.
Sembrerà strano ma solo una montagna coltivata, naturalmente con metodo appropriati e compatibili con l’ambiente può garantire la sopravvivenza di un animale come il capriolo.
Gianni Ferrari, custode forestale delle Giudicarie, ci spiega ad esempio come un bosco coltivato e tagliato regolarmente dall’uomo può garantire spazi di vita essenziali a questo animale.
Solo la responsabilità dell’uomo e l’impegno per un ambiente presidiato può dunque garantire la vita di tanti animali sulle Alpi.