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Marx (parte 7): plusvalore e caduta tendenziale del saggio di profitto

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Una prof per amica

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Күн бұрын

Marx prosegue l’analisi del capitalismo spiegando da dove deriva il profitto del capitalista e identificando i concetti di plusvalore, pluslavoro e la distinzione del capitale costante e capitale variabile. Inoltre la caduta tendenziale del saggio di profitto rappresenta il punto debole del capitalismo poiché il capitalista tende ad investire più nel capitale costante (macchine) anziché nel capitale variabile (i salari), così da provocare il crollo del sistema capitalistico.

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@permarx1809
@permarx1809 6 ай бұрын
Note: il salario rappresenta il prezzo dei beni e servizi che servono all'operaio per riprodurre sè stesso, ovvero che gli permettono di ripetere l'atto di vendita della sua forza lavorativa con le qualità richieste dalla branca produttiva in cui è impiegata ed esattamente alle medesime condizioni del giorno precedente. Se fosse troppo basso l'operaio non potrebbe ricostituire il dispendio di energia fisica e intellettuale spese durante la giornata lavorativa precedente e quindi non sarebbe in grado di ripetere l'atto lavorativo alle medesime condizioni del giorno prima e la sua forza lavorativa si trasformerebbe in merce di scarsa qualità. Se fosse troppo alto si trasformerebbe da venditore ad acquirente di forza lavorativa costringendo il capitalista a lavorare al posto suo. Quindi se il salario di un operaio è basso non è basso perché è povero, ha una vita misera e le sue richieste di soddisfacimento dei suoi bisogni primari sono basse, che è una tautologia; semmai al contrario sarà povero, misero e di modeste richieste proprio perché il suo salario è basso, e il suo salario è basso semplicemente perché i bisogni che deve soddisfare col salario sono quelli necessari a ripetere l'atto di vendita della sua forza lavorativa richiesta in una determinata branca produttiva. Ciò che vale per un singolo lavoratore vale per un'intera classe. La società spende meno per produrre un bracciante privo di istruzione che un ingegnere e la divisione del lavoro fa sì che il bracciante sia nè più nè meno di quello che serve alla produzione agricola. Nel capitalismo in cui la società è dominata dalla legge del valore anziché dominarla, il salario del primo sarà quindi più basso di quello del secondo. Qualora le necessità della produzione agricola richiedessero a un certo punto una certa specializzazione agraria il salario del bracciante sarebbe aumentato del valore necessario alla sua specializzazione, ovvero a riprodurre il bracciante specializzato. Il plusvalore non è tempo di lavoro supplementare, ma è il valore del plusprodotto, ovvero il valore del prodotto totale minus la quota del valore del prodotto che rimpiazza il prezzo del salario e del capitale costante che, come è noto, sono anticipati dal capitalista. Il pluslavoro è il tempo di lavoro durante il quale il lavoratore produce il plusprodotto, ovvero il tempo di lavoro totale minus il tempo di lavoro necessario alla produzione del prezzo del salario. Il plusvalore quindi deriva dal pluslavoro esattamente come il valore di una merce deriva dal tempo di lavoro sociale medio contenuta in essa. La differenza tra plusvalore e pluslavoro è tutta qui. Ovvero, per essere più precisi, il pluslavoro è il tempo di lavoro in cui si produce il plusvalore rappresentato dal plusprodotto. 4,11.Profitto e plusvalore sono la stessa cosa, sono i tassi di profitto e di plusvalore che sono diversi giacché r(p) = pv/(c+cv) mentre r(pv) = pv/cv. 4.55 Il capitale variabile non si chiama variabile perché varia con la miseria degli operai. La differenza tra capitale variabiale e capitale costante deriva dal fatto che mentre il capitale variabile è il denaro speso per acquistare la forza lavorativa la quale sola produce valore, il capitale costante è il denaro speso per acquistare materie prime e macchinari i quali non producono valore ma trasmettono il loro valore. Il primo è variabile in quanto la forza lavorativa oltre a trasmettere al prodotto del lavoro il proprio valore (salario) ne aggiunge di nuovo (plusvalore), mentre il secondo è costante perché trasmette il suo valore al prodotto del lavoro ma non ne aggiunge un solo atomo. Ricordiamoci che per Marx il valore di una merce deriva dal tempo di lavoro socialmente utile incorporato in essa. 6.15 Tasso di plusvalore r(pv) e tasso di profitto r(p) sono entrambi modi di espressione del valore prodotto dal lavoro non pagato, ovvero del plusvalore. Ricordiamoci che r(pv) = pv/cv mentre r(p)=pv/(c+cv). Occorre quindi precisare che mentre in r(pv) emerge chiaramente lo sfruttamento, giacché esprime quanto pv va al capitalista per ogni v pagato in salario, in r(p) lo sfruttamento è nascosto, camuffato, in quanto esprime quanto pv va al capitalista per ogni unità di capitale complessivamente anticipato (c+cv). Nella forma del tasso di profitto r(p) la parte del valore aggiunto che rappresenta il guadagno del capitalista, pv, appare sgorgare non solo dal denaro speso in salario (cv) ma anche dal denaro speso in materie prime e macchine (c), come se anche il lavoro morto incorporato in queste ultime, avesse la stessa proprietà di creare valore del lavoro vivo incarnato nella forza lavorativa. Questo è il nucleo centrale attorno al quale ruota l'intera comprensione del Capitale, ovvero l'esposizione di Marx del carattere illusorio della credenza della teoria economia classica secondo cui il valore sgorga egualmente da tutte le parti del capitale e non solo dalla parte investita nel lavoro.
@permarx1809
@permarx1809 6 ай бұрын
8.0 Il concetto di plusvalore assoluto e plusvalore relativo possono essere spiegati solo attraverso il saggio del plusvalore r(pv), giacché solo entro tale concetto possiamo distinguerli in quanto in primo luogo il plusvalore assoluto è relativo, perchè comporta uno sviluppo della produttività del lavoro che permette di limitare il tempo di lavoro necessario ad una parte della giornata lavorativa, e in secondo luogo il plusvalore relativo è assoluto perchè comporta un prolungamento assoluto della giornata lavorativa al di là del tempo di lavoro necessario per l’esistenza dell’operaio stesso. Ma se si tiene conto del saggio del plusvalore allora questo si può far salire soltanto mediante il prolungamento assoluto della giornata lavorativa oppure, supposto un limite della giornata lavorativa, soltanto mediante la variazione relativa della grandezza delle parti costitutive di essa, lavoro necessario e pluslavoro, il che presuppone, qualora il salario non debba scendere al di sotto del valore della forza-lavoro, una variazione della produttività o intensità del lavoro. Es (1). se in una giornata lavorativa di 8 ore un lavoratore fila 80 euro di lino (c) e il suo salario è di 80 euro (cv), qualora produca 80 m di tela e il valore della tela prodotta sia di 240 euro (V), possiamo esprimere il valore di 80 m di tela V=80c+80cv+80pv e il saggio del plusvalore r(pv)=pv/cv=80/80=100%; per giunta per ogni 10 c di lino si sarà prodotto 240/8 euro di tela = 30 Euro =10 m di tela. (2) Allungando di un'ora la giornata lavorativa mantenendo fermo il salario, avremo che se in 8 ore il lavoratore fila 80c di lino in 9 ore filerà 90c e produrrà 90 m di tela, e il valore complessivo della tela sarà: 240 Euro + 30 Euro = 270,00 Euro. Possiamo quindi esprimere il valore di 90 m di tela V= 90c+80cv+100pv e r(pv)=100/80=125% (PLUSVALORE ASSOLUTO). (3) Introducendo invece una macchina o tecnica che permette di dimezzare il tempo di lavoro a parità di capitale costante, con una giornata lavorativa di 8 ore, avremo che se prima in 8 ore si filavano 80 c di lino per produrre 80 m di tela, ora 80 c di lino si filano in 4 ore e quindi in 8 ore se ne filano 160 e dunque la tela prodotta sarà 160 m. Poiché per ogni 10 c di lino si sarà prodotto 30 Euro di tela, il valore del nuovo prodotto= 16*30= 480. Poiché il salario rimane invariato possiamo esprimere il valore della tela V=160+80+240 e r(pv) =(240/80)= 300% (PLUSVALORE RELATIVO). Da qui derivano la cooperazione, manifattura e grande industria e da qui la tendenza del capitalismo a sviluppare le forze produttive. Occorre tuttavia osservare che la (3) è vera solo per l'industria che ha introdotto la nuova macchina/tecnica, non per tutta la branca dei produttori di tela per i quali vale la (1). Il valore della tela, infatti, è dato dalla media del valore capitale di tutti i produttori di tela. La concorrenza fa si che pian piano tutti i produttori di tela adottino la nuove tecnica, e quando ciò accade il nuovo valore della tela sarà riportato al r(pv) della (1) e all'incremento della forza produttiva espresso nella c della (3): V:160+80+80 = 320 (4) e 10 metri di tela varranno 20 e non più 30. Si assiste quindi alla svalorizzazione della tela in quanto se nella (1) in 80 m di tela era contenuto un lavoro di 8 ore, nella (3) e nella (4) le medesime ore di lavoro sono contenute in una quantità doppia di tela (160 m). La concorrenza tende a uniformare i saggi di plusvalore a un saggio medio in quanto i capitali tenderanno a spostarsi verso quelle branche più profittevoli fino a livellarne i saggi al saggio medio. 9.57 Con l'introduzione delle macchine aumentano sia il plusvalore assoluto che quello relativo. Il primo aumenta perché le macchine trasmettono al prodotto del lavoro un valore proporzionale al loro logorio, quindi tanto più funzionano, tanto più trasmettono valore e di conseguenza la giornata lavorativa si allunga e si intensifica per farle funzionare il più possibile. In sè e per sè la macchina diventa un perpetuum mobile industriale che continuerebbe ininterrottamente a produrre, se non si imbattesse in determinati limiti naturali dei suoi aiutami umani. . L'operaio diventa così una loro appendice. Il secondo aumenta in quanto accorciano il tempòo di lavoro necessario a produrre una merce e, di conseguenza, accorciano il tempo di lavoro necessario alla produzione di un valore che rimpiazza il salario. Per quanto riguarda le crisi di sovrapproduzione il capitalista licenzia gli operai nei periodi di crisi e li riassume in quelli propizi. Ricordiamoci che per Marx l'operaio è un accessorio del capitale esattamente come le materie prime e le macchine. Nei periodi di crisi il capitalista non perde profitto perché licenzia gli operai ma perché si interrompe la rotazione del capitale D-M-D', ovvero il ciclo produttivo dal quale sgorga il plusvalore, in quanto le merci rimangono invendute. Ma i periodi di crisi sono momenti necessari della forma capitalistica, non la sua nemesi, in quanto permettono di ristabilire la misura della produzione laddove la brama del profitto ad ogni costo la spinge oltre le capacità del mercato, che sono i limiti della produzione capitalistica, ed ogni misura è persa . All'indomani di una crisi nulla esprime meglio il sentimento dei capitalisti, che sono la personificazione del capitale, della quiete dopo la tempesta del Leopardi. Almeno per quelli sopravvisuti. Le crisi di sovrapproduzione non debbono essere confusi con la caduta tendenziale del saggio di profitto la quale indica semplicemente la tendenza di lungo termine del capitalismo di sviluppare una contraddizione insanabile tra lo sviluppo delle forze produttive, ovvero la crescita del capitale costante (c) che è il mezzo attraverso cui la produzione capitalistica accresce la massa del plusvalore, ovvero del capitale, e la valorizzazione del capitale stesso rappresentata dal saggio di profitto r(p) che è il suo fine. Infatti se r(p)=pv/(c+cv) deriva che un aumento di c, ovvero una crescita delle forze produttive, comporta una riduzione di r(p). Poiché pv è sempre una frazione di tutto il valore aggiunto, essendo il valore aggiunto Va=cv+pv, ne deriva che, anche nell'ipotesi assurda in cui cv=0, ovvero che gli operai campino d'aria, r(p) sarebbe=pv/c e quindi un aumento di c produce un abbassamento di r(p). Si assiste dunque a una contraddizione di lungo termine tra mezzi e fini della forma capitalistica. Ma questo non ha a che fare direttamente con le crisi di sovrapproduzione.
@FlaviaSimonetti-kj9pl
@FlaviaSimonetti-kj9pl 6 ай бұрын
@@permarx1809 La ringrazio tantissimo per questi suoi interventi.
@giangiacomoaliprandi2752
@giangiacomoaliprandi2752 7 ай бұрын
Bel video, molto chiaro.
@Account-nk6wb
@Account-nk6wb 8 күн бұрын
Il capitale costante in realtà non è propriamente costante perché il prezzo delle materie prime può variare ( e con esso anche quello dei macchinari ) e il capitale variabile non varia in base al tenore di vita del lavoratore ma varia in base alle sue competenze ( che di fatto incidono anche sul plusvalore ) È ovvio che un chirurgo non venga pagato come uno spazzino
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