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Nella notte tra il 30 e il 31 agosto, nel cuore di Napoli, Giovanbattista Cutolo, un giovane e talentuoso musicista napoletano, muore. A ucciderlo un sedicenne armato di postola. Mentre Giovanbattista Cutolo stava festeggiando un compleanno a Piazza Municipio con la sua fidanzata e i suoi amici, alcuni ragazzi sono andati a provocarlo con un futile pretesto, con l’intento di generare conflitto e rabbia.
Si può morire per questo?
È nostro dovere cercare le responsabilità di questo orrore, ma quelle vere. Senza scorciatoie: non possiamo più permettercelo. È fin troppo evidente che il problema non sono le serie tv o i film che raccontano la criminalità organizzata, ma la mancanza in molte zone del nostro paese, di reali prospettive, di offerte formative e la presenza allarmante di una quantità incredibile, inimmaginabile di armi. Per non parlare della facilità con cui è possibile procurarsele, a qualunque età. In poche parole mancano scuola e lavoro, i pilastri della convivenza civile e c’è enorme disponibilità di armi.
Che ne dite? Vogliamo discutere di questo seriamente, dal momento che è morto un ragazzo di 24 anni, ucciso da un sedicenne, o vogliamo continuare a dare la colpa a chi racconta?
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