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Piccolo ripasso di storia americana: “I tre giorni del Condor”, regia di Sydney Pollack, 1975, uno dei massimi esempi di cinema paranoico anni Settanta. L'agente Robert Redford, nome in codice “Condor”, si ritrova invischiato in un mega-complotto della CIA e deve salvarsi la pelle in un balletto di spie e doppi giochi in cui lo spettatore non è mai sicuro di sapere esattamente cosa sta succedendo. Un po' come il calciomercato. In Italia, soprattutto nei primi anni del Ventunesimo Secolo, gli ultimi tre giorni di mercato hanno lo stesso nome in codice: i giorni del Condor, e il Condor, ovviamente, è Adriano Galliani.
Il 5 maggio 2002 il San Siro di parte rossonera assiste sghignazzando al naufragio dell’Inter di Cuper all’Olimpico contro la Lazio, e contemporaneamente, battendo il Lecce, festeggia l’aritmetico quarto posto che vale la speranziella di tornare in Champions League dopo due anni, attraverso i preliminari. Quel giorno la difesa titolare è Contra-Maldini-Chamot-Kaladze; a disposizione in panchina il brasiliano Roque Junior, su cui il Milan non fa grosso affidamento, che però di lì a due mesi diventerà addirittura campione del mondo (da titolare!) con la Seleçao. Altri difensori: il pallido danese Martin Laursen, mai una sicurezza, e Billy Costacurta che a fine marzo a Piacenza, in un contrasto con Dario Hubner, si è procurato una distorsione al ginocchio destro con interessamento del collaterale mediale: tutti pensano che a 36 anni, in scadenza di contratto, sia stata la sua ultima partita con il Milan. È evidente che il Milan dovrà comprare almeno un grande difensore: diciamo “almeno” perché ai Mondiali in Corea sono arrivati segnali di declino persino da Paolo Maldini, che si è fatto saltare in testa dal piccolo Ahn sul golden-gol che ci ha rimandato a casa agli ottavi di finale.
Nell'estate del 2002 in Italia ci sono due grandi difensori, e sono entrambi chiaramente sul mercato, perché le rispettive società sono alle prese con enormi buchi finanziari ancora tenuti nascosti a fatica e hanno tre parole d'ordine: vendere, vendere, vendere. Uno è Fabio Cannavaro, del Parma; l'altro è Alessandro Nesta, capitano della Lazio. Veloce, elegante, potente, tecnicamente sopraffino, ce le ha tutte: il tallone d’Achille che lo rende mortale è una discreta sfiga con gli infortuni che gli è costata due Mondiali su due (1998 ginocchio, 2002 infortunio al piede) e nel 2006 lo costringerà ad abbandonare anche il terzo.