«Non ti conosco più» è il titolo di una commedia del 1932 di Aldo De Benedetti (Roma, 13 agosto 1892 - Roma, 19 gennaio 1970), commediografo e sceneggiatore italiano. Poiché era ebreo, dopo la promulgazione delle leggi razziali, il suo nome non poté più comparire nei titoli, come autore delle sceneggiature o dei soggetti dei film. Per lo stesso motivo non poté far rappresentare commedie tra il 1938 e la fine della seconda guerra mondiale. Con uno stile secco e pungente De Benedetti analizzava e portava alla ribalta la crisi della borghesia, spesso partendo da una coppia «felicemente sposata», dove i rapporti sembrano all'apparenza perfetti ma in realtà sono già svuotati e impigriti nei sentimenti e nelle passioni. Particolarmente in questo lavoro, De Benedetti ragiona con grande lucidità sul tema del matrimonio, della solitudine e del tradimento. L’opera è stata rappresentata per la prima volta nel 1932 con grandissimo successo al quale certamente contribuì l’interpretazione intelligente e spiritosa di Elsa Merlini. Da allora è stata molto rappresentata in teatro e portata anche due volte sullo schermo: «Non ti conosco più» film del 1936, diretto dal regista Nunzio Malasomma con Vittorio De Sica, Elsa Merlini, Enrico Viarisio e «Non ti conosco più amore» film del 1980 diretto da Sergio Corbucci, con Monica Vitti, Johnny Dorelli e Gigi Proietti. La versione televisiva venne messa in onda dalla RAI il 16 marzo 1969 sul Programma Nazionale con la regia di Davide Montemurri.
Personaggi e interpreti:
Luisa: Giuliana Lojodice
Paolo: Aroldo Tieri
Alberto: Gianrico Tedeschi
Clotilde: Didi Perego
Evelyn: Minnie Minoprio
Adele: Anna Maria Lisi
Byby: Annarita Bartolomei
Francesco: Luciano Zuccolini
Rosa: Jole Silvani
Trama:
L’azione si svolge a Roma in una bella casa signorile, in cui vive una coppia di alta borghesia con un’affezionata servitù. Luisa Malpieri, colpita da un’improvvisa amnesia, non riconosce più il marito Paolo, l’avvocato Malpieri, giovane ed affermato professionista e vuole cacciarlo di casa come fosse un intruso. Viene così chiamato il dottor Spinelli, luminare e psichiatra rinomato, che Luisa confonde inaspettatamente per suo marito, accogliendolo con modi e parole affettuose convinta che costui sia proprio il consorte. La storia si dipana attraverso un singolare gioco a tre: una moglie convincente nel suo gioco di seduzione del marito putativo; un marito che affronta in modo perfettamente goffo ed imbranato l’imprevisto dramma, che si abbatte sulla sua brillante esistenza; e il professor Spinelli eccitato e piacevolmente imbarazzato al tempo stesso nel trovarsi di fronte un caso così interessante. Le cose si complicano ulteriormente con l’arrivo dell’invadente zia Clotilde e di sua figlia Evelina. Tra un equivoco e l’altro, Paolo, Luisa e il dottore si ritrovano ad analizzare le loro condizioni - rispettivamente di marito, moglie e scapolo - e, più in generale, il significato ultimo del matrimonio. Questo squilibrio momentaneo, motivo di grande spasso ed esilaranti equivoci, nasconde forse qualche scomodo segreto coniugale? L’epilogo con il colpo di scena finale è l’unico modo per poter sciogliere un intreccio fattosi ormai troppo complicato.