Nessun gioco linguistico, se non quello di Odifreddi. Il tema in Parmenide non è il rapporto tra il verbo e la sua forma sostantivata, ma tra l'Essere come ente che accomuna tutti gli enti (se si vuole diremo l'essente) e la sua possibilità di esistenza (perciò il confronto appropriato doveva muovere da: l'Amare è, ossia esiste l'amare? il Vedere è, ossia esiste il vedere?). La domanda di Permenide è perciò: L'Essere è, ossia esiste un ente che accomuna tutti gli enti per il loro stesso esistere? La risposta muove appunto dall'aporia del nulla assoluto, inteso come assoluto non-è: ossia, l'affermare che il Nulla (ovvero il non- è) è si palesa come evidente contraddizione in termini. L'impossibilità del Nulla lascia dilagare l'Essere: tutto è. A differenza degli ionici: Talete (l'acqua), Anassimene (l'aria), Anassimandro (l'apeiron), lo stesso Eraclito (il fuoco), per Parmenide il Tutto non è un elemento fisico o un concetto che soggiace in tutti gli enti, ma è semplicemente il loro stesso esistere. Il passo ulteriore è conseguenziale: una volta stabilita l'impossibilità del Nulla, ogni ente particolare è apparenza (simulacro dell'Essere), poiché il suo differenziarsi da ogni altro ente è dato in ragione di quel falso ente che è il Nulla. D'altra parte, uscendo dal ragionamento astratto, qualcuno può affermare di avere visto o sperimentato il nulla assoluto? A proposito di Zenone di Elea, sono sicuro che, se fosse vissuto nel ventesimo secolo, avrebbe detto: ecco, la realtà è illusoria esattamente come le immagini di un cinematografo.

A mio modesto parere l'affermazione di Parmenide, "L'essere è, il non-essere non è" non è una vuota tautologia ma un modo assai conciso per dire che: la realtà-tutto è, e non esiste qualcosa che sia diverso da essa. Non esiste cioè qualcosa che sia altro rispetto all'unica realtà, l'essere. Quindi la famosa affermazione "l'essere è e il non-essere non è" equivale all'affermazione che "l'essere è uno".

Meglio che Odifreddi si occupi di matematica e logica e lasci la filosofia a chi se ne intende.

il verbo essere non è logicamente sullo stesso piano di "vedere" o "amare", ma ne costituisce semmai la loro possibilità. Cercare di smontare il presunto (da Odifreddi) gioco di parole parmenideo creandone un altro di estrema ingenuità fa sorgere alcuni dubbi circa il grado di conoscenza dei concetti filosofici. Seguo con molto rispetto il prof. Odifreddi, lo ho apprezzato specialmente quando era alla conduzione di radio 3 scienza, ma se si vuole smontare il discorso ontologico è essenziale (!) che se ne assuma il linguaggio prima, altrimenti è come se tentassi di convincere un entomologo che un ragno è un insetto.

Adoro Odifreddi e tendenzialmente sono scettico sui filosofi continentali (ma non Heidegger), ritengo Severino un retore sofista senza veri contenuti filosofici. Detto questo, ho avuto sempre la netta sensazione che Odifreddi abbia tremendamente frainteso Parmenide. L Essere non è assolutamente un verbo come gli altri, mi pare surreale anche solo supporlo. Tutti i verbi che implicano azione o condizione esistenziale sono resi possibili in virtù della constatazione ontologica che l Essere li rende possibili e attuabili. L Essere presiede, è ontologicamente costituitivo, fonda e sostanzia l amare, il vedere, il fare, il toccare etc E la problematica introdotta da Parmenide si riverbera nella grundfrage di Leibniz, ovvero la domanda fondamentale a cui nessun autentico filosofo o razionalista può sfuggire: perché esiste il Qualcosa piuttosto che il Nulla? È una domanda immensa, potremmo dire perfino "cosmologica". Mi stupisce che una persona intelligente come Odifreddi la liquidi con tanta faciloneria, buttandola su una banale e inattinente questione linguistica e grammaticale.

Intanto Mortebianca si rivolta mentre sente queste parole

Mai sentite tante castronerie in in colpo solo. Ridurre il problema dell'essere a una semplice questione linguistica è imbarazzante.

Odifreddi logico a 360 gradi : Uomo Logico a tout court

Tutti i ragionieri e i professorini di applicazioni tecniche tendono a dargli ragione purtroppo! A scuola non gli insegnarono a ragionare con la filosofia ad una età consona.

Se in Parmenide il concetto chiave è l’ è : bisogna trasformare l’ essere da essere ad Èssere con la È con l’ accento sopra la E

Ci sono intere lingue (come l'inglese), in cui non ci sono nemmeno le parole per dire "l'essere è". O se esiste la parola per dire "l'essere" (the being), non esiste la parola per dire "l'ente". Il problema linguistico, che meriterebbe ben più complessa argomentazione, fa capire quanto il nostro pensiero si condizionato dalla lingua che parliamo, e quanto basti cambiare linguaggio perché le nostre verità non abbiano più alcun senso. Con un linguaggio puramente matematico, per esempio, non esiste modo di dire "l'essere è" perché sarebbe una proposizione incompleta, indipendentemente dal significato che attribuiamo alla parola. Altra questione sono i sinonimi di "essere" che precisano a quale delle accezioni del verbo ci stiamo riferendo, facendo ancora di più venir meno il senso di una filosofia basata sull'essere. La possibilità di intendere una parola con varie eccezioni la allontana dall'essere strumento per spiegare una qualsiasi verità...

Non c'è nessuna dea della Memoria in Parmenide...

Ecco cosa succede quando un logico pretende di parlare di filosofia... Si perde nei meandri del linguaggio e afferma immense fregn*cce

Livello bassissimo...

Se ci basiamo sulla logica contemporanea nella sua versione standard e sulla filosofia che su quella base possiamo costruire, l’esistenza non è un predicato. Per gli individui esistere significa (per citare una famosa formula di Quine, On What There Is) essere il valore di una variabile vincolata, cioè un possibile valore di “x” in un enunciato del tipo “Per qualche x, …” o “Per ogni x, …” Ovvero ancora, esistere significa far parte di un universo di discorso. Una conseguenza di ciò è che non c’è un modo univoco di formalizzare l’enunciato “Socrate esiste”. Il meglio che possiamo fare è inventarci qualcosa come “Per qualche x, x = Socrate” - che però non sembra proprio equivalente all’enunciato di partenza e soprattutto diventa molto problematico quando è falso. Per i Greci (quantomeno per Platone, e presumibilmente per Parmenide) sembra di capire che l’esistenza sia concepita piuttosto come il possesso generico di proprietà, e non tanto per ragioni filosofiche generali quanto sulla base di un’inferenza sintattica: se Socrate è F, allora Socrate è (cfr.: se Maria mangia una pera, allora Maria mangia). Certamente Platone pensa anche, che se x può essere il referente di un nome, allora x esiste. Ma questo, benché vero, non ci porta direttamente a spiegare che cosa sia l’esistenza per Platone; ne è piuttosto una manifestazione. In questo modo emerge una differenza tra il modo in cui noi pensiamo l’esistenza (almeno, io ripeto, secondo una filosofia standard della logica standard; il mondo è vario e si potrà trovare anche logici che ammettono l’esistenza come un predicato genuino che gli individui possono possedere o non possedere) e i Greci. Accanto a questa differenza, però, si vede anche una somiglianza di fondo, che è questa: anche per noi l’esistenza ha qualcosa a che fare col possesso di proprietà; ne è un presupposto, nel senso che per possedere proprietà una cosa deve poter essere un valore di una variabile vincolata (“Fa” implica “Per qualche x, Fx” - anche se ci sono logiche che proibiscono questa inferenza). (Ademollo F.)

Grandioso Odifreddi!

Imbarazzante semplificazione, analisi del tutto errata sul problema dell’essere in riferimento al concetto di divenire (nemmeno accennato) e dell’aporetica del nulla. Ottimo sistema per fare un pessimo servizio alla filosofia e alle sue questioni fondative.

La verità deriva dal cuore che non trema della rotonda verità detto alla Parmenide

Io fra la verità e l’ opinione sposo sempre la verità mai l’ opinione

parmenide grazie Di Essere

La logica, dite a costui, fu creata dalla cattiva filosofia di cui parla! Tipica arroganza bacchettona di alcuni matematici che pensano di assoggettare tutto lo scibile eterogeneo alla loro disciplina. In realtà la loro disciplina funziona rigorosamente nell'ambito ristretto di precisi limiti e precise premesse e non funziona in ogni ambito dell'umano sapere.

Ah ah, peccato che non ricordo più la pagina, ma c'era un frammento in cui Severino diceva che nel processo di un'operazione il numero costituente la somma prima non c'era e poi c'è, scemenze che nemmeno alle elementari.

9:50 "Una pessima filosofia parlavano del nulla" Faccio finta di non aver sentito!

Io fra l ‘ alètheia è la doxa: scelgo tutta la vita l’ alètheia ossia : tutta la vita la verità

Però "l'essere" è una condizione dell'amare e del vedere. "L'amare è", Il vedere è. Essere come esistente. Quindi tutto ciò che esiste non può non esistere.

Beh però il verbo essere non è come il verbo amare o pensare. Dire l'amore ama l'amore, il pensare pensa il pensare, non ha senso. Dire l'essere è l'essere e l'essere non è il non essere, ha senso logico. Tratta il verbo essere come fosse un verbo comune... Boh non sono un logico, però detta così sembra un'analisi un po' superficiale, o no? Anche dire il nulla è il nulla, e quindi è un qualcosa, ovvero sé stesso mi pare poco sensato. Mi sembra un po' come dire, il valore dello 0 è nullo, ma lo zero vale pur sempre qualcosa, ovvero nulla. Poi boh...

L’ essere del genere umano si divide in 3 livelli : 1 Logica 2 Verità e 3 Principio di non contraddizione

Verbozione e non verbo : questo si chiama paradosso di Parmenide: ecco che il paradosso di Parmenide è stato svelato

Il discorso di Odifreddi presuppone, come tutto ciò che l'uomo definisce, il controllo. Controllo è tempo, la fusione del prima e del dopo. A priori e a posteriori si uniscono nel controllo di qualcosa. La logica presuppone il controllo, la filosofia di Parmenide, o meglio ogni filosofia è controllo. Il problema vero non è logico ne filosofico, ma è il controllo. Cioè tempo.

Concordo

l' esseré è una pretta ipotesi. Parmenide conobbe il suo (come il nostrò) essere, ma non il non essere. Dunqué noi, egocentricamente, parliamo di essere ma non possiamo affermàre che l'essere non può non essere, dacché non conosciàmo l'essere se non solo parzialmente, momentaneamente. Il nulla è possibile quanto l'esserè. Sul futuro poco possiamo dire, e su qūesto il grande Hume ci ha visto lungo colla sua critica alla necessità dell'àbitudine.

... τὸ γὰρ αὐτὸ νοεῖν ἐστίν τε καὶ εἶναι.

Con me le opinioni sono come le parole stanno a 0

ahhahahahaaha.La matematica e' opinione...hahahhaha.

In Parmenide l’ ente non è il verbo ma là verbozione

Odifreddi imbarazzante

Ciò che contano sono i fatti non le parole

col senno di poi le persone sono troppo " furbette " ed e' bene non essere emotivi a questo punto .

Con me le opinioni stanno a 0 perché ciò che contano per me sono i fatti e gli effetti

Emanuele Severino è un truffatore che adesca gli allocchi sfruttando i frammenti di Parmenide. Sta' pur certo che tra 1000 anni nessuno saprà chi fu Severino ma tutti sapranno chi fu Pitagora.

la pagnotta la si guadagna con la matematica. Filosofi dopo 2 millenni, rassegnatevi!