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Viaggio nei ristoranti romani pronti a riaprire con le nuove disposizioni di distanza e sicurezza
Al biondo Tevere, sulla via Ostiense a Roma, il proprietario del ristorante lo troviamo con il metro in mano. Misura la distanza tra i tavoli, due metri, al centimetro. Si chiama Roberto Panzironi, apre il cancello chiuso con la catena e ci mostra i lavori in corso: via piante e fioriere per far posto ai tavoli. O meglio, per lasciare il vuoto tra i tavoli. In questo modo i coperti si ridurranno del 60% passando da cento a quaranta «ma almeno riapriamo, si spera» dice il figlio. Il ristorante è a conduzione familiare, quindi anche con meno posti a sedere gli conviene. Ad andare via sarà anche l'aria condizionata. Ha appena letto un articolo dove riportano il grafico di uno studio cinese in cui si capisce che le condotte di areazione favoriscono il diffondersi il virus. «Non la accenderemo, fortunatamente siamo vicini al fiume e aprendo le finestre c'è fresco\". Mostra i tavoli che avanzano affastellati in un angolo. Anzi, dice: «Per piacere non me li riprendere con la telecamera». Vuole che il suo locale appaia splendente come prima del covid-19. I pochi tavoli che è riuscito a sistemare in sala li apparecchia, con tanto di bicchieri e posate. Ma per chi?, chiediamo. «Per nessuno, come buon augurio per un nuovo avvio» risponde. Ce n'è uno, però, che è rimasto al suo posto e non ha intenzione di toccarlo. E' quello dove il 2 novembre del 1975 sedette Pier Paolo Pasolini, poco prima di morire a Ostia. La sera lo servì la mamma di Roberto, Giuseppina, e tutto è rimasto intatto. Quel tavolo e quella sedia sono l'unica certezza del locale. Per il resto si lavora di fantasia: come potrebbe essere alla riapertura, quando potrebbe riaprire, da dove far entrare i clienti e per dove farli uscire. Sono chiusi dai primi di marzo. Non hanno voluto convertirsi con le consegne a domicilio. «Io ero pronto, avevo organizzato tutto ma papà non vuole, dice che il ristorante si fa stando a contatto con le persone» protesta il figlio di Roberto. E' l'abbrivio per una risposta che non ammette repliche: «Certo, ci vuole il contatto fisico con il cliente altrimenti non è più un ristorante ma un supermercato».Chi, invece, non ha neanche azzardato un'ipotesi di riapertura è Davide Maria Bornigia, uno dei soci del Piper ossia la casa artistica di Patty Pravo, Renato Zero, Loredana Bertè ma anche il palcoscenico di gruppi che hanno fatto la storia della musica come i Nirvana, i Pink Floyd o i Genesis. Qui i battenti si sono chiusi ancora prima delle varie ordinanze e decreti, il 29 febbraio. Sul pavimento della discoteca ci sono ancora i coriandoli dell'ultima festa. E a qualcuno ancora non pare vero che dopo 55 anni di onorata carriera il locale sia chiuso. «Stamattina ci ha scritto un ragazzo sui social chiedendo \"Ma sabato siete... ( Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: video.corriere.it/cronaca/ris...