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#cronachedispogliatoio #napoli #maradona
Azzurro è il colore del Napoli. Azzurro è il colore del cielo di Napoli, quando è passato da pochi minuti il mezzogiorno dell'11 maggio 1988. Azzurro è l'inchiostro della penna BIC con cui quel giorno Claudio Garella scrive a mano, su due fogli a quadretti, il comunicato che alle 12,10 leggerà in accappatoio e ciabatte ai giornalisti che lo aspettano fuori dallo spogliatoio del San Paolo, dopo l'allenamento.
“Premesso che siamo professionisti seri e che nessuno questo può negarlo, a seguito della situazione che si è venuta a creare, noi riteniamo giusto chiarire la nostra posizione. La squadra è sempre stata unita e l’ unico problema è il rapporto mai esistito con l’ allenatore, soprattutto nei momenti in cui la squadra ne aveva bisogno. Nonostante questo gravissimo problema, la squadra ha risposto sul campo sempre con la massima professionalità. Di questo problema la società era stata preventivamente informata. In fede, i giocatori del Calcio Napoli”.
È un fatto senza precedenti persino per il calcio italiano, che pure ne ha viste di tutti i colori. Una squadra che sfiducia pubblicamente l'allenatore, Ottavio Bianchi. Una squadra seconda in classifica, che appena l'anno prima sotto la guida di Bianchi aveva addirittura vinto il suo primo scudetto. Un giornalista chiede a Garella: è possibile ricucire la spaccatura con Bianchi? “Ci vorrebbe un chilometro di filo...”. Cosa succede al Napoli? Le voci di dentro, che si diffondono velocissime in città, parlano di una rivolta capeggiata da quattro giocatori: Garella, Salvatore Bagni, Moreno Ferrario e Bruno Giordano, ma appoggiata silenziosamente da tutti gli altri, a cominciare da Maradona. Sono le ultime giornate del campionato 87-88 e il Napoli si è appena liquefatto come il sangue di San Gennaro, e il mistero è lo stesso: brutale, inspiegabile. Dopo aver perso lo scontro diretto del 1° maggio con il Milan Maradona s'è chiamato fuori per le ultime due partite di campionato, e il 15 maggio assiste dalla tribuna all'ultima partita, persa contro la Sampdoria, quando tutto lo stadio allude addirittura a uno scudetto venduto, un vero e proprio tradimento ai danni della città: “Dacci le quote, Giordano dacci le quote”, canta il San Paolo, e non è un bel momento.
Dalle macerie della primavera 1988 il Napoli risorgerà in fretta: ovviamente, grazie a Maradona, ma anche all'operato di due dirigenti controversi, dalla carriera certamente piena di luci e ombre, ma che in quel momento riescono a risolvere le cose bene e in fretta. Il presidente Corrado Ferlaino e il direttore sportivo Luciano Moggi hanno il merito di prendere una posizione netta, quella del tecnico Ottavio Bianchi, e di liberarsi dei quattro ribelli, tutti intorno alla trentina e in parabola discendente: Ferrario verrà ceduto alla Roma ma giocherà pochissimo, Bruno Giordano all'Ascoli, Garella e Bagni addirittura in Serie B, rispettivamente a Udine e Avellino. Verranno tutti sostituiti alla grande: da Luca Fusi, jolly della Sampdoria, da Giancarlo Corradini e Massimo Crippa acquistati dal Torino, e dal terzo straniero, Alemao, un brasiliano con l'anima da tedesco. Maradona, chiaramente, è un discorso a parte. Anche nel suo caso i suoi rapporti con Bianchi sono nulla più che professionali, e quando Diego dall'Argentina proclama: “Bianchi mi deve spiegare perché alcuni miei compagni sono stati liquidati”, il tecnico non va troppo per il sottile: “Io a Maradona non devo spiegare niente. E poi mi chiami signor Bianchi”. Ma Napoli non può permettersi di perderlo, anche se di offerte e richieste ne arrivano in continuazione, soprattutto dalla Francia, soprattutto da Marsiglia, dove Bernard Tapie s'è messo in testa di diventare una specie di Berlusconi francese, con tutte le conseguenze del caso. E Diego non ha detto di no: l'Olympique potrebbe essere una buona occasione per allontanarsi da una città che da tempo ha iniziato a soffocarlo.