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#cronachedispogliatoio #ibrahimovic
Il FOLLE trasferimento di IBRA AL MILAN III Il CAPOLAVORO di Galliani
Pep Guardiola è il primo personaggio in ordine di apparizione di “Io, Ibra”, la celebre biografia di Zlatan Ibrahimovic uscita nel 2011. Leggiamo a pagina 17:
“Pep Guardiola, l'allenatore del Barcellona, quello con i completi grigi e l'aria pensierosa, venne verso di me e sembrava imbarazzato. “Senti, qui al Barça teniamo i piedi per terra”. “Ottimo”, dissi io, “bene!”. “Perciò qui non veniamo agli allenamenti in Ferrari o in Porsche”.
Prima ancora delle motivazioni tattiche e psicologiche, la prima scintilla di tensione tra il più grande allenatore della storia del Barcellona e uno dei maggiori attaccanti degli ultimi 30 anni riguarda lo stile. Il piacere dell'ostentazione, il voler camminare a petto in fuori anche in uno spogliatoio popolato di campioni d'Europa in carica, e naturalmente popolato... da Leo Messi. E Ibra, che non ha mai sopportato molto la disciplina, poco alla volta inizia a scoprire il lato più gesuitico di Pep Guardiola, un guru, un maestro, ma anche un uomo che pretende il controllo totale anche sui minimi dettagli. Figuriamoci su un campione vistoso come Zlatan Ibrahimovic. Dieci secondi fa ho detto: Ibrahimovic non ha mai sopportato la disciplina. Non è esatto: Ibra ha sempre dimostrato di apprezzare la disciplina chiara e tonda, imposta da uomini dal carisma naturale, come Fabio Capello, o Mourinho. Invece non manda giù la disciplina sussurrata, fatta di allusioni, di mezze frasi: gli sembra ipocrisia. Perciò è questo il motivo, un'incompatibilità umana prima ancora che tecnica, che lo porta allo scontro con Guardiola nella primavera del 2010, nonostante una stagione da 21 gol e 13 assist, una Liga quasi vinta e una semifinale di Champions appena conquistata. La exit strategy di Ibra, la fuga da Barcellona come già aveva fatto Maradona quasi vent'anni prima, ovviamente porta la firma del suo factotum: Mino Raiola, l'uomo che risolve problemi.
È il 20 giugno 2010 quando il Mundo Deportivo, il principale quotidiano sportivo di Barcellona, pubblica a pagina 2 un titolo inequivocabile: “Ibra vota Milan”.
In quelle settimane Zlatan sembra un uomo in fuga dal calcio: ha rotto definitivamente con Guardiola, si è visto scavalcato nelle gerarchie persino da Bojan Krkic e non è potuto salire nemmeno sulla scialuppa di salvataggio dei Mondiali in Sudafrica, perché la sua Svezia non si è qualificata, perché è finita terza nel girone eliminatorio dietro Danimarca e Portogallo. A questo punto bisogna ricordare quanto sia complicato nel 2010 per il Barcellona liberarsi di Ibrahimovic senza realizzare una clamorosa minusvalenza: era stato acquistato appena l'estate precedente dall'Inter per 49 milioni più il cartellino di Samuel Eto'o, valutato un'altra ventina di milioni. Glissando sui risultati sportivi di Inter e Barcellona, che tutti conoscete, allo stato attuale Ibra è semplicemente invendibile: guadagna 12 milioni netti, anche se la cifra lorda che grava sul Barça è di soli 15 milioni, grazie al particolare regime fiscale di cui usufruisce il calcio spagnolo per effetto della cosiddetta “legge Beckham”, entrata in vigore nel 2005, che consente ai club di pagare appena il 24% di tasse sugli ingaggi superiori ai 600 mila euro all'anno per lavoratori stranieri “di lusso”, come appunto i calciatori. La famosa “fiscalità spagnola” a cui tante volte aveva fatto riferimento l'estate prima Adriano Galliani, tentando di spiegare agli imbufaliti tifosi del Milan i motivi per cui il Real Madrid era riuscito a comprare Kakà. Ma la legge Beckham diventa una prigione dorata: nessuno al mondo potrebbe garantire un ingaggio simile a Ibrahimovic. Anzi sì, per effetto della legge Beckham, un club in effetti ci sarebbe. Però la proposta, pronunciata dalla viva voce di Zlatan alla dirigenza blaugrana, supera i confini della provocazione e del buon gusto.
Succede al primo giorno di scuola del secondo anno catalano, 19 luglio 2010, quando i campioni del mondo del Barça - Piqué, Puyol, Busquets - non sono ancora rientrati dalle vacanze: tra di loro anche il nuovo acquisto del Barça, David Villa, acquistato dal Valencia, che promette di ridurre ulteriormente gli spazi per Ibra, ormai un separato in casa. È proprio così che gli dà il benvenuto Guardiola, quel giorno: “Hai visto che abbiamo preso David Villa? Che ne pensi?”.