Рет қаралды 117
"Il titolo potrebbe portare fuori strada, era un'intenzione, una volontà, quella di provare a scrivere un libro privo di presenza umana, ma mi sono reso conto dopo tre pagine che... avevo bisogno dell'umano. Forse contraddire il titolo, in fondo, era il senso stesso del romanzo che è, come la scrittura, un gesto integralmente umano". Paolo Di Paolo ha presentato la sua ultima opera, "Romanzo senza umani", pubblicato da Feltrinelli alla libreria Modusvivendi di Palermo, interrogandosi su umanità e intelligenza artificiale, senso della scrittura e rapporto con la memoria. Forse a essere un romanzo senza umani è la vita del protagonista, uno storico di mezza età, che all'improvviso prova a cambiare rotta. "Lui a un certo punto si accorge di avere un paesaggio emotivo spopolato. Si è sempre dedicato allo studio, ed è come se si alzasse all'improvviso dai libri e fosse sorpreso da queste assenze. Prova a riconvocare tutti i testimoni oculari della sua vita, risponde a email dopo quindici anni, da un certo punto di vista è anche grottesco, ma perché è circondato da assenze più che da presenze. Prova a fare lo storico di se stesso, è un paradosso, si accorge che il richiamo del presente è più urgente della dialettica del passato, lo storico, in questo senso fallisce".
C'è un'avvertenza nel frontespizio di questo libro ("non è un prodotto dell'intelligenza artificiale"). "Una provocazione questo timbro, ma un'avvertenza che forse in futuro sarà necessaria. Non per essere detrattori dello sviluppo, ma per chiarire che c'è un rapporto con la creatività umana che va definito, significa consegnare al lettore l'inadeguatezza e l'imperfezione, dicendo però che è tutto umano"