Il secondo Heidegger - parte II
35:01
Il secondo Heidegger  - parte I
47:06
Heidegger - Essere e tempo 3
36:28
Heidegger - Essere e tempo 2
40:38
Heidegger - Essere e tempo 1
38:45
Husserl - 2.  L'intersoggettività
27:35
Husserl - 1. La fenomenologia
52:28
Karl Otto Apel
48:54
Жыл бұрын
Adorno   Dialettica negativa
57:36
Жыл бұрын
Habermas   Conoscenza e interesse
50:55
Пікірлер
@errantespettrodanese
@errantespettrodanese 18 сағат бұрын
Lezioni fantastiche, spero di poter vedere altri suoi contributi su questa parte del pensiero di Heidegger. Grazie per permetterci di usufruirne gratuitamente.
@kafel000k2
@kafel000k2 19 сағат бұрын
Si é perso nell'astratto , il soggetto non c'è più , il mondo pure, c'è un apparire
@domenicolabarile7326
@domenicolabarile7326 3 күн бұрын
fenomenale. grazie
@angelostrazioso5384
@angelostrazioso5384 6 күн бұрын
Buonasera professore non riesco a capire una cosa di Fichte:perché dopo aver introdotto il non io opposto all'io lui introduce una terza fase(quella dell'io divisibile e del non io divisibile)?
@luciocortella6131
@luciocortella6131 5 күн бұрын
Fichte deve risolvere questa contraddizione: come mai ogni "contenuto" della mia coscienza (il non-io) è un "mio" contenuto (dunque fa parte dell'io) ma è al tempo stesso esterno a me (opposto all'io)? Come mai io sono al tempo stesso "ponente" tale contenuto ma anche "determinato" (passivo) rispetto ad esso? Dev'esserci perciò un io assoluto (che ha tutto dentro di sé) e un io empirico (che ha i contenuti fuori di sé). Questo secondo io però dev'essere interno al primo, un suo momento. Il terzo principio è il tentativo di risolvere questo problema (la doppia natura della nostra coscienza: assoluta e finita), una sorta di sintesi, però provvisoria e irrisolta (sicché Fichte dovrà trovare successive mediazioni nel prosieguo dell'opera).
@angelostrazioso5384
@angelostrazioso5384 5 күн бұрын
Ah ok grazie mille 😊
@MariaGraziaBacco
@MariaGraziaBacco 6 күн бұрын
Grazie Professore continui a spiegarci Hegel. Grazie
@MariaGraziaBacco
@MariaGraziaBacco 6 күн бұрын
Grazie Professore, spero possa continuare a presentarci lezioni su Hegel c'è veramente bisogno di spiegazioni chiare come Lei sa fare Grazie
@flaviocucchiara4648
@flaviocucchiara4648 8 күн бұрын
Gentile professor Cortella, La sua teoria tocca delle "corde" che in me hanno fatto suonare toni habermasiani e levinasiani: l'etica, che si impara dagli Altri e questa prima che essere una relazione di "rapporti produttivi" è invece una relazione ETICA! Le vorrei chiedere: il riconoscersi dell'ethos, che a mio avviso permetterebbe (ma questa è forse una mia impostura?) agli individui di riconoscere le reciproche pretese di validità, e che ha un certo ruolo trascendentale (punto 3 del suo bellissimo discorso), non è forse anche intrecciato anche con quei "sovraccarichi" bias cognitivi che la natura ci ha dotati? Può essere che la relazione, una volta sviluppata in dei rapporti di fiducia, si capovolga in rapporti soltanto di "conoscenza"? Detto altrimenti, può essere che una volta abituati ai nostri rapporti di relazione reciproca, ci sia il rischio di renderlo una seconda natura, e si possa ridurre il rapporto di riconoscimento in rapporto di conoscenza, come quello che abbiamo con la natura, e diamo per scontato la prima? La ringrazio molto per questi incredibili spunti filosofici
@luciocortella6131
@luciocortella6131 5 күн бұрын
Accolgo volentieri le sue sollecitazioni e le confermo che c'è una componente habermasiana nella mia teoria. Aggiungo però che il riconoscimento delle pretese di validità presuppone il riconoscimento etico, elemento del resto già ammesso sia da Habermas sia da Apel: non si può argomentare senza riconoscere l'altro come persona. Ora, certamente quel rapporto etico può diventare una seconda natura, anzi lo diventa necessariamente, sicché noi proviamo una sensibilità etica nei confronti degli altri senza riflettervi esplicitamente. Ma proprio perché trattasi di seconda natura "etica", non potrà mai perdere quel carattere. Trattare l'altro come oggetto (di sola conoscenza o di manipolazione) non dipende da un rapporto di riconoscimento ma dalla componente oggettivante che pure caratterizza il nostro essere umano (avendo però introiettato quel carattere etico, saremo sempre - potenzialmente - in grado di prendere le distanze da oggettivazione e manipolazione).
@flaviocucchiara4648
@flaviocucchiara4648 4 күн бұрын
@@luciocortella6131 Gentile professore, la ringrazio moltissimo
@stefanotittarelli4054
@stefanotittarelli4054 13 күн бұрын
Cioe' dopo tutto 'sto ragionare,in pratica,con il secondo Heidegger,la filosofia occidentale arriva alle stesse conclusioni raggiunte in India alcune centinaia di anni prima di Cristo....un po' lenti di comprendonio, noi occidentali!
@luciocortella6131
@luciocortella6131 12 күн бұрын
Sarò benevolo e mi limito a dire che la sua conclusione è "un tantino" affrettata e superficiale. Forse è proprio la comprensione di "tutto sto ragionare" (Ereignis, storia, temporalità, linguaggio) ad esser mancata.
@AntonioCannata-l8e
@AntonioCannata-l8e 20 күн бұрын
Grazie alle lezioni del Prof. Cortella, cominciavo finalmente a comprendere Hegel (almeno nei tratti essenziali). Però in cuor mio restavo pur sempre tifoso di Kant...e l'ho visto trionfare al 90°.
@luciocortella6131
@luciocortella6131 19 күн бұрын
Almeno non sono serviti i tempi supplementari... Sul tema ritornerò: l'anno prossimo ho in programma un corso per la magistrale sulla Critica della ragion pura (saggiandone limiti storici e attualità contemporanea). Vediamo cosa ne esce
@AntonioCannata-l8e
@AntonioCannata-l8e 21 күн бұрын
Finalmente ho capito Hegel, il quale, ancor prima che a tratti incomprensibile, mi risultava soprattutto inaccettabile. Dal min. 27,57, le conclusioni sul realismo concettuale e sul ridimensionamento del protagonismo umano nella concezione/conformazione del mondo, sono ineccepibili. Grazie, Professore.
@carpetcrawlers66
@carpetcrawlers66 21 күн бұрын
Grazie Prof. Cortella
@marcogito21
@marcogito21 28 күн бұрын
6:15 si può parlare di un'adesione di Husserl, Heidegger e Sartre alla rivoluzione copernicana di Kant?
@luciocortella6131
@luciocortella6131 28 күн бұрын
"Adesione" a Kant è forse un po' troppo, visto le critiche - implicite o esplicite - che gli muovono su vari punti. Però certamente anche in loro (per Heidegger solo fino a Essere e Tempo) la soggettività rimane centrale, con tutte le variazioni del caso.
@stefanotittarelli4054
@stefanotittarelli4054 29 күн бұрын
L'ego non e' in grado di compiere l'epoche' per avere accesso all'Io Trascendentale,neppure Husserl ci e' riuscito,per questo era un'anima inquieta,che alla fine del suo percorso di vita lamentava,ora che finalmente aveva capito "qualcosa",di non avere piu' tempo a disposizione.Pero' ci ha provato dedicando tutto se stesso,e per questo e' stato un vero filosofo,da ammirare.
@AntonioCannata-l8e
@AntonioCannata-l8e 29 күн бұрын
Che meraviglia, queste lezioni! Chiarezza espositiva, unita a capacità di presentare e riassumere i contenuti (e i punti di debolezza), senza sacrificarli in nome della sintesi. Il tutto, difficilmente eguagliabile. Grazie, Prof. Cortella.
@62gualtiero
@62gualtiero Ай бұрын
Eccellente contributo a fendere la nebulosità del testo, che mette a dura prova la pazienza del lettore.
@angelostrazioso5384
@angelostrazioso5384 Ай бұрын
Bel video professore...in che senso però noi siamo il prodotto della nostra autonegazione!?
@luciocortella6131
@luciocortella6131 29 күн бұрын
Immagino si riferisca all'autonegazione dell'immaginazione produttiva. Però in quel caso il prodotto della nostra autonegazione non siamo noi ma il dato sensibile. Contro quello che avevano sostenuto quasi tutti i filosofi moderni (Kant incluso) secondo cui noi siamo "passivi" rispetto ai dati dei sensi, Fichte si propone di dedurre la molteplicità dei nostri dati sensibili dall'Io. Essa sarebbe il risultato della nostra autonegazione: noi - inconsciamente - produciamo la nostra passività. Si tratta di una tesi puramente logica: il dato è la negazione dell'io, quindi il non-io (la negazione riferita a sé) è dedotto dall'io, un suo prodotto. È come se di fronte al dato dei sensi l'Io pensasse che quel dato NON è l'IO: in tal modo il dato viene dedotto dall'io e perde la sua autonomia. Questo non-io prodotto dalla negazione dell'Io è certamente diverso dal non-io del secondo principio (che è invece indeducibile dall'io). Sono due diversi tipi di "non".
@angelostrazioso5384
@angelostrazioso5384 29 күн бұрын
Ah ok grazie mille per la risposta 😊
@lucapeverini4854
@lucapeverini4854 Ай бұрын
Che bella lezione! Grazie
@RosarioTrimarchi
@RosarioTrimarchi Ай бұрын
Se per Parmenide e Aristotele A=A, per Cartesio A=B(non-A) per Dio, che è trascendente e assicura che C (il cogito) veda A come B. Spinoza taglia con la trascendenza, per cui A è coincidente a B, non semplicemente uguale. Ma l'assoluto è ancora astratto perché Dio è sostanza. Hegel dà piena concretezza al movimento logico (cioè relazionale) del reale (Wirklich). Non è più un Dio o un cogito che guardano alle cose e le "rappresentano come" , non è Dio sostanziale che pure si ama di amore infinito , ma è la relazione stessa A=B che si sa in quando A=B. Non è identità come per i Greci (A=A), che è pura tautologia, ma è una tautologia che si sa, una tautologia in movimento. Proprio perché in movimento non può rappresentarsi: questo implicherebbe un arresto sull'oggetto, un fermare indebitamente e astrattamente il flusso del divenire, la morfogenesi della realtà.
@stefanotittarelli4054
@stefanotittarelli4054 Ай бұрын
E' la prima volta che ascolto una lezione del Professor Cortella,a mio avviso piu' chiaro degli altri famosi fenomenologi italiani contemporanei nello spiegare cosa e' la Fenomenologia.Allora mi chiedo : non viene invitato al Festival della Filosofia di Modena perche' sta antipatico a qualche filosofo di potere,perche' e' troppo bravo,o perche' lui,Cortella,snobba questi tipi di festival?
@mariaantocosta898
@mariaantocosta898 Ай бұрын
Ho frequentato la Facoltà di Filosofia a Torino ai tempi di Vattimo e Givone attenti studiosi di Heidegger. La scoperta scioccante: l'essere è il tempo. Uno è immanente all'altro. In effetti quello che desideriamo a 20 non è quello che desideriamo a 50 anni
@hsjsjsjkslduroepambsgsueofncn
@hsjsjsjkslduroepambsgsueofncn Ай бұрын
Gentilissimo Professore, Ascolto volentieri le Sue lezioni. Lo dico fuor di retorica: sono meravigliose! In pochi minuti Lei ha sciolto dei dubbi su alcuni temi legati al pensiero di Heidegger che portavo con me da anni. Ne approfitto per chiederLe quanto segue, non conosco bene il Suo percorso accademico quindi mi perdonerà se la mia domanda potrà risultarLe banale: a Suo avviso è possibile criticare il pensiero di Severino partendo dalla concezione dialettica presente in Hegel? Ritiene sia possibile muovere una critica del genere alla struttura originaria?
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Sono stato allievo di Severino quando ero studente e quindi conosco bene - da 50 anni - la sua filosofia e le sue opere. Non posso però esporre una risposta adeguata alla sua domanda (richiederebbe ben altro spazio rispetto a quello consentito dai commenti). Mi limito semplicemente a dire che certamente la dialettica di Hegel - in linea di principio - consentirebbe di articolare un'obiezione alla concezione severiniana dell'essere, ma è una via che - a quanto ne so - non è stata ancora percorsa.
@danf.5744
@danf.5744 Ай бұрын
Molto chiaro, grazie! A proposito di fisica e metafisica sarebbe interessante sapere quanto Heidegger fosse al corrente della rivoluzione scientifica che accadeva proprio negli anni '20/30 in Europa e che porta alla cosiddetta e "meccanica quantistica" perché l'essere che si nasconde fa decisamente il paio con l'impossibilità di definire in concetti ciò che la fisica scopre in quegli anni nel mondo microscopico rilevando la sostanziale casualità e impenetrabilità alla logica umana di quel mondo. Solo alcune formule matematiche lo interpretano ma senza dire nulla sul loro in sé, per così dire, che è anzi assolutamente non raggiungibile.
@scardanellidaniele9611
@scardanellidaniele9611 Ай бұрын
Professore, lei parla in questa lezione di "impossibilità di una riflessione assoluta" come critica a Hegel. Ma questo tipo di critica non ricade nel "cattivo infinito"? Non stiamo di nuovo evocando la cosa in sé, che resta sempre al di là del pensiero? E in questo modo, la dialettica hegeliana non diventa solo dialettica negativa di tipo adorniano, cioè prigioniera del finito? Insomma, le chiedo come e se la sua critica si distingue da quelle di Kierkegaard e altri, che lei stesso, durante la lezione, ha sostenuto non cogliessero l'Assoluto in senso hegeliano.
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Giusta anche questa osservazione: in effetti io apro sia al cosiddetto “cattivo” infinito sia alla “cosa in sé”. Ma lo faccio con strumenti hegeliani, a partire dalla stessa dialettica di Hegel. La pretesa di Hegel di superare il cattivo infinito (che alla fine così “cattivo” non è, ma si rivela l’unico di cui noi possiamo fare esperienza) si arena proprio di fronte a una dialettica radicale (che lui alla fine vuole addomesticare). Se dovessi condensare la mia interpretazione in una battuta, direi che in Hegel la tensione fra dialettica e idealismo (oggettivo) è risolta a favore del secondo. La mia critica è dunque molto diversa da quelle che gli sono state rivolte dai suoi avversari ottocenteschi (Schopenhauer, Kierkegaard, il giovane Marx, Nietzsche - tutti avversari della dialettica), perché viene svolta in modo immanente, a partire dalla dialettica hegeliana. Perciò la cosa in sé non è più quell’oggetto metafisico evocato da Kant (“ciò che NON è oggetto di un’intuizione sensibile”) e che presuppone il dogma kantiano della nostra impossibilità di avere intuizioni intellettuali, ma è l’alterità immanente ad ogni determinazione, testimoniata dalla dialettica. Non è il pensiero di un al di là del pensiero, giustamente criticato da Hegel, ma l’esperienza immanente dei limiti del nostro sapere. E qui mi allontano anche da Adorno (nonostante io accetti l’idea di un non-identico, attestato “negativamente” dalla dialettica), perché uno dei sensi secondo cui - per Adorno - la dialettica è “negativa” è che essa resta FALSA (“ontologia dello stato falso” - “il tutto è il non-vero”), mentre io ritengo che la dialettica, ripensata dentro le coordinate della dialogica, rimanga vera, DEBBA rimanere VERA (pena l’impossibilità di considerare veri i propri risultati e di tenerli fermi).
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
Invece che dire che non esiste alcun senso, non potremmo dire meglio (restando più fedeli ad Hegel) che ci sono diversi livelli di senso e di sapere (tutti comunque legittimi anche se non definitivi e risolutivi) a seconda del numero e della complessità delle relazioni che vengono individuate? Quanto al livello ultimo, magari Hegel lo intendeva come sapere "ideale" verso cui il pensiero tende all'infinito, essendo ben conscio che un tale sapere, seppure esista realmente in sé, non può mai essere concretamente raggiunto dal pensiero umano (per esso è perciò "ideale", ma non in sé)
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Giusta la prima osservazione: in Hegel non c’è mai perdita totale del senso (è la sua opposizione critica allo scetticismo), ma una sua progressiva determinazione, mai conclusa. Potremmo dire che il senso è aperto, proprio perché la realtà è attraversata da contraddizioni che, invece di rivelarsi "in-sensate", aprono sempre a nuovi sensi. La conclusione (un ideale cui il pensiero tende all’infinito) invece sarebbe stata avversata da Hegel (magari noi - post-hegeliani la sentiamo più "nostra", ma non è la sua). La sua tesi è la perfetta coincidenza fra il nostro sapere e l’in-sé logico (e per questo il sapere è “assoluto”: coincidenza di in sé e per sé). L’idea non è “ideale” nel senso che intendiamo noi (e che è sotteso alla sua osservazione) ma nel senso del totale autoriferimento a se stessa.
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
@@luciocortella6131 chiaro, grazie!
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
@@luciocortella6131 alcune domande spericolate (forse ingenue) che spero non irritino il suo abituale rigore di ragionamento, a proposito della tesi della perfetta coincidenza fra il nostro sapere e l'in-sé logico: 1. Hegel credeva che la sua teoresi rappresentasse questo esito o collocava quella coincidenza in un futuro sviluppo del pensiero? Secondo lei, cosa avrebbe pensato Hegel del recente sviluppo dell'intelligenza artificiale? Avrebbe visto in questo sviluppo la via per la realizzazione di quella coincidenza? 2. A me (lettore del Vangelo) quella coincidenza mi pare realizzata dalla divino-umanità inaugurata da Cristo (ma praticata, dopo di lui, solo da pochissimi santi sinora). Che opinione aveva Hegel di Cristo? Le risulta si sia mai espresso a riguardo? In definitiva, e qui temendo di spararla grossa premetto che mi rendo conto che le chiedo di costringere il pensiero di Hegel entro categorie che probabilmente non gli erano familiari o che comunque avrebbe respinto: secondo lei la teoresi di Hegel è cristologica o anti-cristica? Mi perdoni se ho osato troppo.
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Domande complesse che richiederebbero ben altro spazio. Perciò le mie sintetiche risposte saranno sicuramente insoddisfacenti, ma di più non posso fare. a) sì, Hegel pretendeva che il sapere soggettivo (quello suo, ma anche il nostro) se svolto fino a quelle estreme conclusioni (i tre sillogismi finali della filosofia) coincidesse NELL’ESSENZIALE con il sapere oggettivo: variazioni interne - linguistico-concettuali - erano sempre possibili (e ne testimoniano le differenti versioni della Scienza della Logica - passando per l’Enciclopedia - dal 1812 al 1831) ma non la tesi generale - per questo motivo quel sapere non era più il “suo” sapere soggettivo ma “la ragione che sa se stessa”; b) intelligenza artificiale: non lo so, ma credo che Hegel non l’avrebbe ritenuta “pensiero”, così come non riteneva pensiero la matematica (vedi le critiche all’Etica di Spinoza “more geometrico demonstrata”); c) la questione cristologica è assolutamente centrale in Hegel, ma a modo suo: Cristo è la finitizzazione dell’infinito, la naturalizzazione dell'eterno, il logos che si fa carne, ma che - proprio per questo, come ogni ente naturale e sensibile - è destinato a morire; la risurrezione è perciò solo la risurrezione dello spirito, che però Hegel interpreta in modo anti-trascendente: lo spirito è il sapersi della comunità umana (la Chiesa), e alla fine è solo il sapersi della filosofia; perciò, rispetto al dogma trinitario - come codificato dai concili di Nicea e Calcedonia - Hegel è anti-cristico (alla fine per lui esiste solo lo spirito, per di più inteso immanentemente); d) si ripresenta perciò la questione che ho posto nel mio video: nella dialettica di Hegel si apre certamente lo spazio per la trascendenza, per l’alterità, per l’irriducibile, per l’idea che in ogni ente c’è sempre “più di quel che è”, ma alla fine quell’apertura viene subito, irrimediabilmente, richiusa.
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
@@luciocortella6131 grazie infinite, le sue risposte sono sintetiche ma occuperanno le mie meditazioni per settimane credo
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
Molto chiaro, grazie
@Orlando-je6wn
@Orlando-je6wn Ай бұрын
Grazie professore.🎉
@carpetcrawlers66
@carpetcrawlers66 Ай бұрын
Grazie Professore
@schematism
@schematism Ай бұрын
Buonasera, professore. Ho conosciuto stasera il Suo canale. Grazie per la condivisione di questi contenuti di qualità. Professore, mi sembra che siano errate anche le interpretazioni e traduzioni della sezione sul gioco delle forze nella Fenomenologia dello Spirito, siccome da nessuna parte Hegel parla di un sollecitante sollecitato ad essere sollecitante. Inoltre, una tale relazione non è nemmeno deducibile da quanto scritto nei §§137-138. Cordiali saluti
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
L'espressione del sollecitante «sollecitato dall'altro ad essere sollecitante» si trova nella traduzione di Cicero della FdS (p. 221 dell'ed. Bompiani) ed è una traduzione libera rispetto al molto più sintetico passo hegeliano «diese ist vielmehr das sollizitierende für jenes». Garelli nella sua (più recente) traduzione dà una versione più “a calco” e scrive «quest’ultima è invece il sollecitante per quello» (p. 100 dell’ed. Einaudi), ovvero si limita a scrivere che il sollecitato sollecita il sollecitante, senza indicare a che cosa lo solleciti. Tuttavia poche righe sotto Hegel è più esplicito e scrive che il sollecitato (c’è il pronome «jenes», ma è evidente che «quello» si riferisce al sollecitato) «ist sollizitierend, nur insofern es vom andern dazu sollizitiert wird, sollizitierend zu sein», ovvero (traduzione Garelli) «è sollecitante, solamente nella misura in cui viene sollecitato dall’altro ad esserlo» (qui Garelli è ancora più conciso di Hegel, che è invece più esplicito e ridondante, scrivendo che viene sollecitato «dazu» ad essere «sollizitierend»). Il senso è evidente: non solo ognuna delle due forze è sollecitante e sollecitata, ma ognuna delle due sollecita l’altra ad essere sollecitante e sollecitata. La reciprocità è simmetrica e la dipendenza reciproca senza residui (direi una reciprocità “al quadrato”). È vero che questa assoluta reciprocità manca nei corrispondenti paragrafi dell’Enciclopedia, ma in quei paragrafi Hegel ha intenzionalmente semplificato la complessa dialettica delineata nella Fenomenologia, dato il carattere manualistico dell’opera (che poi veniva commentata ed espansa a lezione). Ciò vale per molte parti dell’opera (si pensi a quanto più sintetica ed asciutta sia l’esposizione delle categorie logiche rispetto a quanto appare nella molto più complessa Scienza della Logica).
@schematism
@schematism Ай бұрын
@@luciocortella6131, gentile, professore. Grazie per la Sua bella articolata risposta. La tesi che cercherò di sostenere è la seguente: il sollecitato è forza, mentre il sollecitante è l'Altro. Per questo motivo, i due momenti della forza, cioè l'uno ed il medium universale, si alternano quando l'Altro diventa forza e viceversa. I passaggi sono i seguenti, che riporto in inglese perché è la versione che ho in digitale: §137. "But in fact, since it necessarily expresses itself, what was posited as another essence is in the force itself. Force was posited as a One, and its essence, self-expression, was posited as an Other, approaching it from outside. But this must be retracted: force is rather itself this universal medium of the subsistence of the moments as matters; or force has expressed itself, and what was supposed to be the other soliciting it is really force itself." Questo per quanto riguarda il fatto che la forza diventi il sollecitante Altro nel momento in cui questo è forza. Sempre nel §137. "...this oneness, since force is posited as the medium of matters, is thus now something other than force, and force has this its essence outside it. But since force must necessarily be this oneness, but is not yet posited as oneness, this other approaches it and solicits it to reflection into itself or sublates its expression. But in fact force itself is this reflectedness-into-itself, or this sublatedness of the expression; the oneness, in the way in which it appeared, viz. as an Other, vanishes; force is this other itself, it is force driven back into itself." Nel §138 abbiamo: "What turns up as other and solicits force, both to expression and to return into itself, immediately proves to be itself force; for the other shows up both as universal medium and as One, and in such a way that each of these shapes at the same time turns up only as a vanishing moment. Consequently, force, by the fact that an other is for it and it is for an Other, has not yet emerged from its concept at all." Ed ancora nel §139, a riguardo del medium posto come sollecitante, Hegel afferma: "...the external soliciting force turns up as a universal medium, but only through its having been solicited by the other force to do so; but this means that the latter posits the soliciting force in this way and is really itself essentially a universal medium; it posits the soliciting force in this way just because this other determination is essential to it, i.e. because this is really its own self." Quindi, da questi passaggi riesco a dedurre solo che il sollecitante ed il sollecitato si alternino in corrispondenza dell'alternarsi dell'Altro e della forza, la quale è un'unità indifferente nel concetto quale concetto. Se il sollecitante fosse sollecitato ad essere sollecitante, allora ci dovrebbe essere un Altro che sollecita un Altro. Ma, non c'è un tale rapporto nella Fenomenologia, che discute solo dei poli forza ed Altro, che si scambiano reciprocamente di ruolo. Per quanto riguarda il passo da Lei citato, che sembrerebbe una ridondanza, ma che non ritengo tale, riporto questo passaggio del §139.: "The soliciting force, e.g., is posited as universal medium, and the solicited, by contrast, as repressed force; but the former is itself universal medium only through the other’s being repressed force; or the latter is really the soliciting force for the former and is what first makes it a medium." Il problema dell'ambiguità credo che si trovi nel concetto stesso di medium universale, che: 1 - è un'unità immediata di essere per altro, cioè dispersione in materie libere, quindi contrario alla forza dell'uno; 2 - momento negativo di raccoglimento delle materie libere in un'unità indifferente. Orbene, nel primo caso il medium è il sollecitante della forza per sé dell'uno, mentre nel secondo caso è la forza sollecitata dal negativo che non è forza per sé, bensì momento di mediazione delle molteplici materie sussistenti in unità. Spero di aver fornito un quadro esaustivo di come comprendo questi densi paragrafi, per quanto possibile attraverso questo medium di comunicazione. Cordiali saluti
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Certo che citare in inglese non aiuta ... La versione originale è molto più chiara e inequivoca, in particolare quella della FdS. Ripeto: l'Enciclopedia, come spesso accade, semplifica e talvolta cambia la prospettiva rispetto ai testi di riferimento che la precedono (Fenomenologia e Logica). E io preferisco attenermi a quelli. Ma perché stiamo facendo questa discussione su un tema (molto specifico) che non ho toccato nei miei video?
@schematism
@schematism Ай бұрын
@@luciocortella6131, gentile, professore. Ho cercato di citare quelle parti che si discostano il meno possibile da quella tedesca, che soffre delle medesime ambiguità, siccome è piena di incisi. Abbiamo fatto questa discussione perché avevo fatto riferimento all'errore delle interpretazioni di oggi, secondo le quali ci sarebbe un sollecitante che sollecita il sollecitante ad essere tale. Totale confusione! Grazie per la risposta. Cordiali saluti
@pierozino9646
@pierozino9646 Ай бұрын
Ipse dixit!
@user-lz1cj9up7i
@user-lz1cj9up7i Ай бұрын
Buongiorno professore, grazie mille del video! Le chiedo allora questo: secondo lei, hanno torto i filosofi del '900 che accusano Hegel di essere un metafisico? Derrida distingue la sua differance dalla differenza hegeliana, e sostiene che, in Hegel, lo Spirito assoluto, cioè la negazione (il NON), sia un superessere, un in sé meta-fisico. Mi sembra però che Hegel, dicendo che lo Spirito sia assolutamente immediato, intenda che questo sia la mediazione stessa (le mediazioni stesse), che non può essere mediata con qualcosa che sia fuori dallo Spirito, che appunto sarebbe l'Intero. Questo risuona con Derrida che dice "non c'è nulla fuori dalla scrittura, cioè un luogo fuori dalla decostruzione da cui decostruire la stessa". Ma allora, evidentemente, tornando a Hegel, se lo Spirito è mediazione, e nulla di determinato che si possa negare con altro, Derrida ha torto? Lo spirito assoluto allora mi sembra confondersi proprio con la scrittura derridiana, cioè con un ni-ente che, lungi dal riposare in un in sé metafisico, non si entifica mai abbastanza, ma è sempre rilanciato, differito. Qualora lei avesse già dedicato un video al riguardo, chiedo venia. Grazie ancora di tutto, e buon lavoro!
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Molte delle obiezioni rivolte a Hegel già nell’Ottocento e poi proseguite nel Novecento erano spesso generate da un’incomprensione della sua filosofia (e in particolare della Logica), un’incomprensione che non faceva veramente i conti con le critiche - talvolta esplicite - che lo stesso Hegel aveva rivolto alla metafisica (antica e moderna). D’altra parte era stato lo stesso Hegel a proporre un’immagine della sua filosofia come unica “vera” metafisica (fondata su basi completamente nuove) . Questa ambivalenza spiega le opposte interpretazioni che il Novecento ha offerto (e continua a offrire) della sua filosofia. Venendo a Derrida, io ritengo che egli non possa esser collocato fra coloro che hanno frainteso Hegel e il senso della sua dialettica. Nei suoi scritti c’è la piena consapevolezza del primato hegeliano del negativo, della differenza, del costante “differimento” del senso. E tuttavia egli coglie l’elemento metafisico proprio nella pretesa hegeliana di una “esposizione concettuale” della differenza: in Hegel la totalità delle mediazioni è completamente “esposta” senza residui (è questo il senso dell’immediatezza finale con cui si conclude la Logica: c’è un luogo in cui la totalità delle mediazioni può essere raccolta, consaputa, e tenuta insieme in modo tale da consentirci di esporla). Derrida infatti afferma che la differenza diventa in Hegel “discorsiva”, cioè pensata (potremmo dire “presente”). Ovviamente qui si apre il problema se una tale conclusione non sia ineludibile anche per Derrida, proprio quando afferma l’originarietà (non ulteriormente scavalcabile) della “scrittura”, cui egli sfugge dicendo che la scrittura mette fuori gioco proprio la nozione di origine. Ma possiamo veramente sfuggire ad un “ultimo”? (la stessa questione si ripropone anche in Heidegger, nonché in Adorno, altri due critici implacabili di Hegel). Qui devo fermarmi. Ne riparlerò, magari in un prossimo video.
@user-lz1cj9up7i
@user-lz1cj9up7i Ай бұрын
@@luciocortella6131 La ringrazio infinitamente della risposta, che mi ha posto di fronte a degli interrogativi per me prima ignoti. Apprezzerei moltissimo un video di approfondimento su quanto lei accenna! Mi limito ad aggiungere una riflessione che facevo oggi al riguardo: eventualmente potrà contemplare il tutto in un video, senza scomodarsi nel rispondermi anche qui. Riflettevo sul concetto di "finalità interna" nel pensiero di Hegel. Io non sono esperto al riguardo, dunque mi rivolgo a lei: mi sembra di capire che l'Idea come finalità interna sia non semplicemente un fine esteriore al tutto, bensì la sua stessa Logica per l'appunto, la sua legge immanente. Ora, come Lei sa meglio di me, questa legge necessaria da un lato non esclude il contingente, e dall'altro lato secondo Hegel si traccia soltanto a posteriori (quindi non è programmata). Mi è sembrato che forse lo scarto fra Derrida e Hegel stia proprio qui: Hegel ha forse la pretesa di poter pervenire al necessario, all'univoco, al telos che anima tutto. Ora mi chiedo: può esserci una nozione di Telos che non sia metafisica? Derrida si allontana proprio qui parlando di Disseminazione e di Destinerranza. Parole che risuonano molto con la genealogia nicciana e foucaultiana, cioè con la critica della possibilità di una Storia univoca e universale, metafisica per l'appunto. Perdoni se condivido queste riflessioni anche abbastanza affrettate. Tuttavia mi sembra una questione assai rilevante e delicata, e spero potrà rimediare con un eventuale video o feedback! Grazie mille ancora!
@claudiopecchioli6950
@claudiopecchioli6950 Ай бұрын
Grazie prof
@claudiopecchioli6950
@claudiopecchioli6950 Ай бұрын
Non ho letto essere e tempo. Qualcosa non mi suona e forse nel libro c'è la risposta. Provo a muovere la mia critica : la presenza dell'altro o degli altri mischia tutte le carte, finché si resta nell'ambito di una vita contemplativa, intellettuale, finché ci si limita ad affacciarsi dalla finestra, a passeggiare in montagna e poi tornare a casa essere e tempo "funziona". Poi ci gettiamo nel mondo e la presenza di altri esserci manda tutto all'aria !
@gboletti
@gboletti Ай бұрын
Certo, ma questa sorta di pre comprensione è la stessa che ci lega alla natura...
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Giusto. La limitazione del legame vitale al mondo dello.spirito è tesi diltheyana. Heidegger invece estende la nostra familiarità (e la relativa pre-struttura) al "mondo" nel suo complesso
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
A mio parere Heidegger arriva a un passo dalla mistica e poi con un saltello all'indietro torna alla metafisica mentre dice peste e corna di essa... quando afferma che l'Essere è evento, storia, destino, in pratica riduce nuovamente l'Essere a un ente (per quanto in divenire) che è possibile osservare, conoscere e predire, mentre un mistico sa che la storia è ancora soltanto l'epidermide dell'Essere e che non è possibile osservare e conoscere l'Essere con gli strumenti ordinari della ragione (in primis il linguaggio), ma è possibile soltanto intuirlo in parte quando si fa esperienza dell'abisso mediante abbandono, affidamento (fede), svuotamento, e questa intuizione non è traducibile in linguaggio ordinario poiché accade attraverso visione e linguaggio onirico, "poetico"...
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
E infatti Heidegger è un critico della ragione (Grund), teorizza l'abbandono (Gelassenheit), e anche per lui il linguaggio che può avvicinarsi all'essere è essenzialmente quello poetico. In ciò mostra di tener ferma (a suo modo) la differenza ontologica e di non ridurla "metafisicamente". Quanto all'Ereignis, non lo possiamo ridurre al mero divenire storico ma capirne la natura relazionale (e questa non può proprio essere definita "ente", almeno non nel senso "ontico" e "fisico" che per Heidegger è il carattere fondamentale dell'ente). Inoltre va tenuto presente il tema del "velamento" (alétheia): è l'essere stesso che si presenta "illusoriamente" come ente, che si "oblia" da se stesso presentandosi nella storia e come storia. Perciò non vi è altro modo di "comprenderlo" se non in questo suo essere velato e obliato. E men che meno è possibile "predire" il decorso storico. Anche il destino rimane "velato": la possibilità di un "nuovo inizio", pur pensata da Heidegger, resta comunque enigmatica, quanto il suo "primo" inizio con i Greci. Si tratta di tesi filosofiche rispetto alle quali si possono avanzare legittime obiezioni (l'ho fatto più volte nei miei scritti, anche se - per me - è proprio questo aspetto mistico-ineffabile il lato più discutibile). Capisco che nel caso di Heidegger non sia facile, ma prima di avanzare critiche credo sia importante comprendere le tesi di un pensatore (io suggerisco sempre ai miei studenti che - una volta avanzata la critica - bisogna sempre mettersi nei panni del criticato e capire quali potrebbero essere le sue risposte e le sue contro-obiezioni).
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
@@luciocortella6131 la grandezza di Heidegger, a mio modesto parere, sta proprio nella critica della ragione e nella teorizzazione dell'abbandono che egli compie entro (e non da fuori) l'alveo della ragione: la sua teoresi è cioè un harakiri della metafisica, una meta-metafisica, ma è ancora una metafisica, non è ancora una mistica. La sua grandezza sta nella resa della ragione che finalmente indica la soglia della mistica, ma quella soglia dubito Heidegger l'abbia varcata, o se l'ha fatto, non ne ha poi scritto, riconoscendo che il linguaggio è insufficiente per dire l'Essere (il linguaggio poetico può solo dare un'idea dell'Essere, ma a patto che il lettore abbia intrapreso a sua volta una via iniziatica di illuminazione, altrimenti puoi pure leggere i più ispirati versi di Giovanni Della Croce, ma non farai comunque nessuna esperienza mistica dell'Essere). L'idea che l'Essere sia velamento, per esempio, è un postulato tipicamente metafisico, attribuendo all'Essere una proprietà della ragione umana che lo contempla: viceversa è la ragione umana ad essere "velante", e non l'Essere ad essere velato.
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
La controrisposta è a sua volta piena di postulati, presupposti e, ahimé, incomprensioni. Capita. Ai miei studenti lo insegno.
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
@@luciocortella6131 mi dispiace, come le dicevo non ho una formazione accademica filosofica e per giunta in effetti avrei dovuto usare di più il condizionale, mi sono lasciato trasportare e ho postulato troppo. Continuerò a seguirla e magari via via imparerò a padroneggiare meglio il linguaggio filosofico in modo da evitare incomprensioni in futuro, un caro saluto e grazie della paziente attenzione.
@biagio6047
@biagio6047 Ай бұрын
Rampini senza bretelle...
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
You cannot be serious
@biagio6047
@biagio6047 Ай бұрын
@@luciocortella6131 ahahah ovviamente non è un'offesa. complimenti per i suoi video, questo non l'ho ancora ascoltato con attenzione. ma quello su Hegel è ottimo. finalmente sfatato il magico trittico.
@giovanniormesi8052
@giovanniormesi8052 18 күн бұрын
​@@biagio6047 difficile non offendersi per il paragone😂
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
Ma questa differenza ontologica tra enti ed Essere non era già nel libro di Giobbe, nel paradiso dantesco, nella bhagavad gita... solo per citare gli esempi che mi sono balenati immediatamente in mente? Non mi pare questa un'intuizione originale di Heidegger
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
La differenza ontologica non va confusa né con la trascendenza religiosa né con quella metafisica. Non possiamo fare di tutta l'erba un fascio, né ridurre la storia del pensiero a una inutile ripetizione degli antichi (vizio purtroppo frequente).
@fiorenzopinna82
@fiorenzopinna82 Ай бұрын
@@luciocortella6131 non era esplicitata in termini filosofici, ma a me sembra fosse "intuita"... pure il concetto di vuoto nella tradizione del buddhismo zen mi pare attiguo a quello di abgrund... in ogni caso io non ho una formazione accademica filosofica, quindi mi perdoni se scrivo castronerie, abbia pazienza, guardi e passi e non si curi di me, l'ultima cosa che desidero è di irritare una mente chiarissima come la sua, della quale ho grande stima e gratitudine per l'opera di divulgazione che compie, cordiali saluti e grazie dell'attenzione
@carlosdaviddanieli8008
@carlosdaviddanieli8008 Ай бұрын
Hegel è meraviglioso, sono innamorato. Grazie, professore
@gustavs9
@gustavs9 Ай бұрын
lezione chiarissima ed utilissima...
@gasparedantoni2056
@gasparedantoni2056 2 ай бұрын
Salve professore, grazie infinite per questi magnifici spunti. Volevo chiederle che rapporto vede tra la negazione determinata e la negazione assoluta analizzata nell'essenza come riflessione ai fini del procedimento dialettico?
@luciocortella6131
@luciocortella6131 2 ай бұрын
La negazione determinata è rivolta nei confronti della finitezza (nelle sue varie forme: logico-categoriali, naturali, empiriche, storiche, spirituali, etc.). Hegel spesso la collega alla “negatività semplice”, quella che caratterizza il finito (l suo essere se stesso e il proprio opposto). La “negazione assoluta” dell’essenza è la negatività che l’assoluto rivolge a se stesso, la sua impossibilità di essere sostanziale, essenza, fondamento, ovvero il suo essere costituito esclusivamente dalla incessante negazione della finitezza. Nelle pagine finali della Logica Hegel qualificherà questa negazione assoluta come “negazione della negazione” (che per Hegel è un “positivo”, ma solo nel senso che quella negazione della negazione non si capovolge nell’opposto, ovvero - in altri termini - è una mediazione “tolta”, dunque immediatezza). La negazione assoluta è necessariamente preceduta dal processo della negazione determinata, è il suo risultato. Altrimenti sarebbe un presupposto. Ma è quel risultato che rende possibile ("ontologicamente") il processo che lo ha ("geneticamente") preceduto e legittimato. Le due negazioni perciò si implicano reciprocamente (anche se in sensi diversi).
@gasparedantoni2056
@gasparedantoni2056 2 ай бұрын
Professore, la ringrazio vivamente sia per la profondità che per la chiarezza della risposta, le auguro una buona serata.
@federicoTM
@federicoTM 2 ай бұрын
Domanda e tesi possibile e una critiica finale alla filosofia italiana attuale . Se in realtà questa attività infinita , dunque in questo inconscio , non avesse mai luogo una coscienza autocosciente , ma solo un singolo impulso , desiderio , differenza in senso deleuziano e nietzschiano , che tende ora a raggruppare la molteplicità in una soggettività simulacro ora a dispederla , estenderla , " verso un illimitato " ? Che cosa produca conoscenza ( o la sua credenza , Nietzsche ) , realtà o senso della realtà , persino dell' Essere ( aristotelico ) , è condizione , convenzione , "effetto di un discorso " ( Lyotard ) piuttosto che un dato , o oggetto di conoscenza e pensiero . Quanto ciòè le categorie di soggetto e oggetto non siano cimoletamente fittizie ma continuamente riprese e utilizzate anche nella filosofia contemporanea per darsi puntelli , modi narrativi per creare effetti , illusioni di conoscenza , oggettività o logiche relative . Da qui una critica alla situazione attuale .perchè per non rimanere ancorati a certe accademismi e regole retoriche pedagogiche in Italia si dovrebbe tornare e riiprendere la filosofia francese degli anni 60 e 70 , 80 piuttosto che utilizzare costantemente i soliti concetti e logiche del pensiero fenomenologiche , post hegeliane , o linguistici logica: cioe tutto ciò che ha bisogno per serve anche per far apparire la filosofia una procedura seria , logica , coerente , non cosi dissimile dallo studio scientifico . E dunque degna di ricevere rispetto , finanziamenti , cattedre .
@luciocortella6131
@luciocortella6131 2 ай бұрын
La filosofia francese degli anni 60-70, sulla scia di Nietzsche e di Heidegger, ha rappresentato un capitolo fondamentale della critica del soggetto, della razionalità, della verità oggettiva, svelandone il sottosuolo tellurico, desiderante, impulsivo, differente. Ma: a) non poteva spingersi fino al punto da negare la nostra attività cosciente, la capacità di argomentare, di usare concetti: avrebbe negato se stessa. Le opere di Deleuze, Foucault, Derrida, Lyotard usano concetti, argomentano e sono certamente il risultato di un’attività cosciente; b) l’elemento decisivo che essa ha introdotto è stato quello di mostrare il limite strutturale del nostro sapere, la sua dipendenza da altro, la sua impossibilità di dominare con i concetti ciò che sta al di là del concetto: ha demistificato le illusioni e le pretese del sapere; c) in questo suo importante contributo si affianca - fatte salve le ovvie differenze - proprio agli sviluppi contemporanei della fenomenologia, dell’ermeneutica, delle filosofie post-hegeliane, della Scuola di Francoforte; d) per fortuna, anche per quegli importanti pensatori francesi, la filosofia rimaneva una cosa “seria”, perfino capace di ottenere “rispetto” nonché “cattedre” (non solo tutti quei pensatori sono stati ottimi professori universitari, ma proprio quella filosofia delle differenza - nelle sue varie declinazioni - ha prodotto a sua volta molte “cattedre”, di qua e di là dell’Atlantico).
@federicoTM
@federicoTM 2 ай бұрын
@@luciocortella6131 Non sembra ne a me ne a tanti altri ricercatori che la filosofia francese citata si sia limitata a notare i limiti di un pensiero razionale . Che Deleuze e Guattari , e Foucaullt poi accetino nei loro testi i il concetto di un pensiero cosciente o di una qualche forma di unita di coscienza come garante di un sapere o di una verità è " la prima volta che sinceramente lo sento . " Sulle cattedre : per Deleuze la carriera è stata assai limitata e frenata a paragone della sua incredibile opera tutt' ora oggetto di centinaia e centinaia di studi , articoli , testi di filosofia , politica , estetica ed arte . Il riferimento alla cattedre non vi è tanto una polemica o critica a singoli ordinari di filosofia e alle loro carriere , ma un impressione triste di quanto la filosofia di questi anni rivendichi un ruolo utilizzando linguaggi e strategie mimetiche a quelli scientifici . Come se fosse una diretta prosecuzione di Hegel o poco piu , senza volere o potere più interagire con autori molto più scomodi , e poco assoggetabili come i francesi citati . A meno che non si voglia accontentarsi di esercizi e allenamenti a procedure di pensiero razionale e razionalistico o divulgazioni storiche ( sempre basate sui soliti autori che garantiscano stabilità , ordine , e regole care alla linguistica analitica inglese ) . Il vero filosofare non può essere ridotto a una gabbia dorata che tra l'altro non incomoda nella sua astrazione e ordine autoreferenziale , nessun dogma o strategie della attuale narrazione società distopica di questi ultimissimi anni .
@luciocortella6131
@luciocortella6131 Ай бұрын
Evidentemente la pensiamo in modo differente. Ma qui mi fermo, e taccio. Perchè non è questo il tema del video.
@federicoTM
@federicoTM Ай бұрын
@@luciocortella6131 Capisco ,ma mi aspetto comunque da alcuni autori italiani più coraggiosi e indipendenti : una filosofia italiana più disobbediente e anti conformista , vitale e potente , di spirito alto , che voglia ancora smontare tante gerarchie , verità , valori , oggettività comode al potere e alle istituzioni , anche accademiche e frutto di raffinate retoriche narrative e didattiche . Ho molto apprezzato la sua conferenza su Fichte , ottima e ben approfondita .
@HarimauStef
@HarimauStef 2 ай бұрын
Grazie molte Professore per questa bellissima lezione
@pierozino9646
@pierozino9646 2 ай бұрын
Belle lezioni
@maxmax-wd5tb
@maxmax-wd5tb 2 ай бұрын
Una lucidità che aveva già negli anni '90. Il tema che tratta nel video non può non ricordare anche Mario Ruggenini. Grazie.
@giorgiogiacometti
@giorgiogiacometti 2 ай бұрын
Ottimo e onestissimo lavoro, professor Cortella, chiaro e luminoso
@lorenzovivi4536
@lorenzovivi4536 2 ай бұрын
Molto chiaro molto esaustivo
@carpetcrawlers66
@carpetcrawlers66 2 ай бұрын
Grazie Professore. Lezione magistrale
@fabiodimeo9119
@fabiodimeo9119 2 ай бұрын
La chiarezza ed esaustività della sua lezione sul primo Heidegger rende quanto mai indispensabile ascoltare la sua esposizione della seconda fase del filosofo
@michelangeloviscione
@michelangeloviscione 2 ай бұрын
24:27 perche' non mette in rete l'intero corso. E' chiarissimo e stimolante. Grazie
@AndreaSguinzi
@AndreaSguinzi 2 ай бұрын
Una riflessione personale è che quello che si evince alla fine che Heidegger non risponde alle domande fondamentali, né da dove veniamo, né dove siamo diretti, che non trova il senso ultimo della vita, afferma che alla fine siamo un'esistenza finita e mortale, e inoltre emerge un egocentrismo direi assoluto. Questo Esserci non pare così aperto come dichiarato, anzi mi pare proprio il contrario, chiuso nel suo solipsismo, nel suo ritegno, che a mio avviso è un atto di deresponsabilizzazione verso la collettività.Ma del resto se non ha risposte che cosa potrà mai comunicare agli Altri? Lui è domanda, sempre incompiuta. Lui stesso pare una personalità molto egocentrica, e ogni filosofo penso scriva un po' di sé stesso nel proprio pensiero. Una filosofia che è lo specchio della personalità dello stesso filosofo. Eppure una tale filosofia ha avuto un grande successo, pur non dando nessuna risposta.
@luciocortella6131
@luciocortella6131 2 ай бұрын
Mettiamo pure da parte i grandi (e rivoluzionari) risultati filosofici dell'opera (trasformazione radicale dell'ontologia, trasformazione del trascendentale, capovolgimento del rapporto primario fra soggetto e oggetto, praticità e linguisticità dell'esistenza, centralità delle relazioni intersoggettive, etc. - e si potrebbe andare avanti in continuazione, tante sono le questioni che Heidegger riesce a tenere insieme nel suo libro). Ma mettiamoli pure da parte, perché potremmo dire che si tratta di temi che "interessano solo ai filosofi". Rimanendo, invece, ai temi più propriamente esistenziali, quelli che forse più hanno colpito l'opinione pubblica (la finitezza, la nostra gettatezza, l'angoscia, il non-senso, il carattere spersonalizzante delle relazioni sociali, l'essere-per-la-morte, la decisione esistenziale), posso certamente convenire che essi riflettano (probabilmente) la personalità di Heidegger. Ma questi stessi temi riflettevano (certamente) lo spirito del tempo, il sentire di un'epoca (in cui siamo ancora immersi a un secolo di distanza), la presa d'atto che l'assoluto (di cui ci ha parlato per più di due millenni la metafisica) ormai ci è sfuggito e non possiamo più fare affidamento su di esso né tantomeno appropriarcene. Da qui dobbiamo partire, ovviamente senza fermarci alle soluzioni heideggeriane (e ai limiti da cui viene colpito anche un capolavoro filosofico come questo) ma proseguendo lungo gli incerti sentieri di un pensiero post-metafisico. Il Novecento filosofico è stato anche questo: ha preso sul serio questa sfida.
@AndreaSguinzi
@AndreaSguinzi 2 ай бұрын
@@luciocortella6131 la ringrazio per le sue considerazioni, e certamente non sono all'altezza di un grande filosofo, tuttavia poiché penso, credo anche che l'Assoluto esista, e che siamo solo noi che non lo sappiamo cogliere. Esiste a mio avviso la Verità, ma che nella nostra posizione relativa non né cogliamo che una parzialità. Anche le considerazioni esistenziali di Heidegger, sono limitate e non assolute: si analizza l'esistenza come qualcosa che ha inizio con la nascita e finisce con la morte, e da qui si traggono una serie di conclusioni, ed anche sensazioni, poiché noi esistiamo fin là dove noi percepiamo. Ma chi ci assicura che non vi sia un prima e un dopo? Chi ci assicura che non vi sia un senso ultimo che è possibile cogliere se solo la nostra percezione non si limitasse ai sensi, e alla ragione, ma si aprisse ad un metodo di indagine intuitivo, e che taluni hanno sperimentato e scritto? Certo per dirla alla Heidegger tutti rispetto all'esistenza abbiamo questo concetto medio, ma non perché la maggior parte sente e percepisce così che le cose stiano veramente così. Heidegger dice il vero, nella sua prospettiva, e lo fa anche molto bene naturalmente, tuttavia possiamo andare Oltre. Grazie del tempo che mi ha dedicato🙏
@AndreaSguinzi
@AndreaSguinzi 2 ай бұрын
Grazie professore, attendo con ansia la sua disamina del secondo Heidegger