Era stata fondata il 14 luglio 1942, con l'obiettivo di rappresentare un riferimento commerciale per i pescatori del Lago di Garda, sponda veronese.
La Cooperativa agricola fra pescatori per ottant'anni ha accompagnato l'attività dei pescatori, diventandone un vero e proprio perno attorno al quale far ruotare soprattutto la commercializzazione del pesce, garantendo in questo modo uno sbocco importante verso i mercati.
Poi, qualche anno fa, la decisione di chiudere, motivata dal calo del numero degli associati e dalle spese che, di conseguenze, divennero insostenibili.
Così i pescatori si trovarono a dover fare i conti con una nuova realtà, nella quale non bastava più svolgere l'attività sull'acqua, ma anche a terra, contattando i commercianti per smerciare il pesce.
Un contraccolpo tutt'altro che irrilevante, in sostanza.
Ma qualche mese fa Daniele Salvagno, imprenditore del mondo dell'olio (la sua famiglia è la proprietaria di Redoro), si fece avanti, rilevando la cooperativa e predisponendo un progetto per ripristinarla e rilanciarla.
"Un patrimonio culturale come questo non può andare perduto, non possiamo permetterlo", spiega, ricordando come furono i nonni a fondarla, persone che vivevano di pesca e portatori di una cultura che avrebbe rischiato di andare perduta.
Ora, come mi ha illustrato, l'obiettivo è quello di ricreare la centralità di questo mestiere, riorganizzando l'attività, valorizzando il pesce non soltanto per l'aspetto della gestione del fresco ma anche per la trasformazione, diventando un nuovo riferimento per i tanti ristoranti presenti sul lago di Garda.
Ripartire per ricominciare, si potrebbe dire, trasformando in nuova opportunità la ricchezza di una cultura antica che può, nelle sue intenzioni, ambire a qualificare in modo inconfondibile tutto il Lago di Garda.
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