Рет қаралды 72
In questo quinto video dedicato alla Galleria del Palazzo degli Alberti di Prato siamo nel pieno XVII secolo fiorentino, e ad accompagnarci sono nomi di grande importanza in quanto questi artisti furono i mattatori della scena fiorentina e granducale. Le loro opere hanno adornato i numerosissimi altari delle chiese, gli oratori, le cappelle private e, come possiamo vedere in questo video, dipinti destinati ad adornare i migliori salotti del patriziato.
Andando in ordine sparso rispetto alla sequenza del video, voglio sottolineare subito due artisti, Matteo Rosselli e Giovanni Bilivert. La bottega del Rosselli fu la più prolifica nella prima metà del Seicento a Firenze, tantissime opere concluse di suo pugno sono uscite da essa, e tante altre con la collaborazione degli allievi, che nell'arco degli anni della sua attività furono molti e di gran valore. Il Rosselli, che fu allievo di Gregorio Pagani, a sua volta di Santi di Tito, ci mostra anche in questa opera una pacata e serena composizione di figure femminili, con un sapiente uso dei colori. Nonostante la drammaticità dell'evento raffigurato in cui la principessa Sofonisba accetta di mettere il veleno nella coppa mandatogli dal marito per non ridursi ad essere portata in catene a Roma, il volto di lei e delle ancelle non tradiscono nessun sentimento. Ciononostante non è un'opera noiosa, ma induce all'incanto e alla riflessione.
Giovanni Bilivert, nato a Firenze ma di padre olandese, fu l'allievo più importante del Cigoli, e la sua bottega fu rivale di quella del Rosselli. Dal maestro discende il suo stile morbido e sontuoso aggiungendovi una maggiore luminosità. Grande colorista, lo possiamo vedere anche in questa scena dell'Orlando furioso, con Armida che tanta di celarsi a Ruggiero, con il rosso acceso della camicia di Ruggiero, i riflessi metallici dell'armatura, il raso del giubbone gettato a terra e il cielo plumbeo dello sfondo.
Gli altri autori qui presenti sono invece stati tutti allievi del Rosselli, a patire da Jacopo Vignali, che fu sia allievo che amico del maestro, tant'è che il Rosselli tentò invano di dargli in sposa la sorella. Qui abbiamo due opere di Vignali, entrambi dai temi biblici, caratterizzati dal suo stile morbido e sfumato: ebbe molto successo, mise su anche lui una fiorente bottega da cui uscirono valenti allievi. Poi abbiamo Francesco Furini che ebbe un sodalizio artistico con un altro famoso compagno ai tempi dell'apprendistato dal Rosselli, Giovanni da San Giovanni. Qui abbiamo del Furini un David con la testa di Golia. Anche lui con uno stile morbido e sensuale influenzato non solo dal maestro, ma anche dall'osservazione di opere di Bilivert e del Passignano. Ad un certo punto, forse per avere un aiuto economico, si fece prete. Pare che fu un buon parroco e si adoprò per il suo popolo rurale, ma continuò a frequentare i palazzi signorili ove era richiesto. E poi abbiamo un Lorenzo Lippi, le cui prime opere erano molto influenzate da quelle del maestro Rosselli, ma nella maturità trovò un suo stile rigoroso, accademico, con suggestioni caravaggesche, e colorismi accesi, ma sempre in contrapposizione con la moda spettacolare e teatrale dell'imperante barocco romano che si stava diffondendo anche a Firenze con il passaggio di Pietro da Cortona. Campione dell'equilibrio fiorentino, anche nell'opera qui presente troviamo una composizione formale, sicuramente derivante dal suo maestro. La regina Tomiri si vendica facendo immergere la testa di Ciro il Grande, dal suo esercito sconfitto, in un vaso pieno di sangue pronunciando le parole di scherno: "Saziati del sangue di cui fosti assetato, e del quale sempre rimanesti insaziabile."
E poi abbiamo un Noli me Tangere di Mario Balassi. Anche Balassi ebbe parte della sua formazione nella bottega del Rosselli, anche se tra i suoi maestri si annoverano anche Jacopo Ligozzi e il Passignano. Egli fu il più permeabile tra i pittori fiorentini dell'epoca, in tal senso si trova in opposizione a Lorenzo Lippi. Egli, infatti, si fa affascinare da varie scuole e in lui troviamo un crogiolo di stili, dai nordici padani a quelli d'oltralpe, ma in questo quadro si può constatare che si trovava in quel momento suggestionato dalla scuola bolognese. Egli fu, insieme al Vignali, il maestro forse del più grande pittore fiorentino del Seicento: Carlo Dolci.